Alla vigilia del Congresso AMSI (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), l’appello all’unità del Presidente: «Chi gioca solo perde sempre»
Negli ultimi due anni, 3500 giovani medici e 1500 medici ospedalieri e in pensione hanno chiesto di fare un’esperienza lavorativa o di trasferirsi all’estero. Sono i dati che verranno presentati al Congresso AMSI (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), con il patrocinio di UMEM (Unione Medica Euro Mediterranea) e il movimento “Uniti per Unire”, in programma per il prossimo 2 dicembre presso la clinica Ars Medica di Roma. Il Presidente di AMSI Foad Aodi commenta ai microfoni di Sanità Informazione questi dati, rivolgendo un appello all’unità alle istituzioni e a tutte le categorie professionali, per tutelare i giovani e l’interesse comune.
Professor Aodi, in questi giorni ci sarà il Congresso di AMSI dove voi lancerete un appello soprattutto a favore dei giovani medici italiani, che vanno all’estero perché in questo Paese la situazione dei medici è sempre più difficile.
«Siamo molto preoccupati, perché in questi ultimi due anni abbiamo assistito alla fuga non solo di giovani medici italiani, ma anche di numerosi professionisti ospedalieri e colleghi che stanno in pensione che vogliono fare o un’esperienza lavorativa o che addirittura vogliono lavorare all’estero. Sono 3500 i medici giovani e 1500 i medici ospedalieri e in pensione che si sono rivolti all’AMSI e all’UMEM, e questo dato ci preoccupa. Ci preoccupa perché non solo potrebbe cominciare ad influenzare sulla carenza dei medici in Italia, ma perdiamo anche un bagaglio importante di giovani intellettuali. Per questo l’AMSI, l’UMEM e il movimento “Uniti per unire”, che unisce tutte le nostre associazioni, si stanno impegnando ancora di più per frenare questa fuga, per censire la mancanza di professionisti della sanità in Italia e per lavorare insieme a tutte le realtà che si impegnano per i giovani: dobbiamo combattere la disoccupazione, la sottoccupazione ed impedire che i medici vengano addirittura pagati con una pizza e una birra».
Proprio questo è un caso recente che ha fatto molto discutere i media di tutta l’Italia. C’è un blocco all’inizio della carriera dei giovani: le borse per le specializzazioni sono sempre di meno; c’è il problema dell’inquadramento dei primi anni della professione; vediamo casi di sotto pagamento dei giovani medici. Intanto però c’è una gobba pensionistica che farà andare in pensione tantissimi specialisti che, a questo punto, non saranno rimpiazzati…
«Intanto non si può proprio sentire una notizia come questa, di un medico pagato con pizza e birra: è offensivo per tutte le professioni. Altri professionisti, come gli avvocati, con i loro Ordini hanno ottenuto l’equo compenso, nel senso che ci deve essere un pagamento giusto. Non pretendiamo di essere super pagati, ma almeno di ricevere un pagamento che rispetti la professione, che rispetti la dignità del medico, la dignità del professionista, come tutti i professionisti. Sono cose che chiediamo da anni tramite il nostro movimento “Uniti per unire”, che tutti i giorni raggruppa e confronta le problematiche interprofessionali di avvocati, giornalisti, farmacisti, commercialisti. Ma tra tutte queste categorie, i più penalizzati sono i giovani, e in particolare i giovani medici. C’è il problema dell’accesso alle scuole di specializzazione, c’è il problema all’accesso al corso di medicina generale, c’è il problema dell’assenza dei concorsi, e anche l’accesso alla sanità privata, che ultimamente ha visto calare molto il numero delle strutture accreditate. Per questi motivi ci sono tanti medici che cercano lavoro e poche possibilità di impiego lavorativo degno della professione medica».
Per concludere, visti questi dati forse è il momento che le istituzioni, a livello nazionale e locale, facciano sentire la propria voce…
«Sì, questo è il nostro appello a tutte le Istituzioni, al Governo italiano, al Ministero degli Affari Esteri, al Ministero della Salute, ma anche a tutti gli albi professionali con cui collaboriamo dal 2000, da quando abbiamo fondato l’AMSI. Gli Ordini professionali devono lavorare, ma non da soli, devono fare una rete e creare una confederazione interprofessionale di tutti gli Ordini professionali, per combattere insieme, ad esempio, sulla medicina difensiva, che riguarda tutti gli Ordini, sia i medici sia gli avvocati. Allo stesso modo la fuga dei cervelli tocca tutti gli Ordini, per questo chiediamo l’unione di tutti gli albi professionali. Anche per combattere questo scontro dei fisioterapisti contro i fisiatri, gli infermieri contro i medici, i tecnici odontoiatri contro i dentisti serve una rete di collaborazione che metta anche al centro dell’attenzione la salute e il diritto della salute, che è un diritto universale che noi difendiamo tutti i giorni. Finché non c’è una collaborazione interprofessionale per l’interesse comune, purtroppo ogni Ordine può giocare la partita da solo, ma giocando da solo si perde sempre».