Il prof. Andreoni (SIMIT) rimarca l’importanza di affrontare le emergenze a livello internazionale con l’adeguata preparazione
La formazione, specie quella a distanza, si conferma la “cura” più efficace per gli operatori sanitari. Lo è anche per difendersi dalle più pericolose epidemie che ancora oggi minacciano il mondo. In questa ottica, si sta ora rivelando fondamentale anche sul tema sempre più caldo delle cosiddette antibiotico-resistenze.
Formarsi ed informarsi – adeguatamente e con contenuti di qualità – rappresenta quindi la maniera migliore per poter svolgere la propria professione, tutelando a 360 gradi la salute dei pazienti in ogni angolo del pianeta. Un’esigenza, evidenziata ormai da tutti i governi, ed anche da quello italiano. Ne è una conferma il recente giro di vite sull’accreditamento obbligatorio ECM, iniziato con una consistente sforbiciata della lista dei medici competenti, depennati dal Ministero alla Salute per non aver maturato i crediti obbligatori nel triennio formativo. L’importanza della formazione anche per contrastare le infezioni e le antibiotico-resistenze è stata evidenziata anche dal presidente del SIMIT (Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali), prof. Massimo Andreoni.
Le antibiotico resistenze in questo momento agitano tutto il mondo: Stati Uniti, Gran Bretagna, e anche il nostro Paese. Qual è la situazione?
La situazione è quella che in realtà abbiamo già in qualche modo dichiarato da diversi anni. Negli ospedali si assiste ad un incremento progressivo di germi resistenti a quasi tutti gli antibiotici a nostra disposizione, generando un grande problema di sanità pubblica. Si calcola che ogni anno, in Italia, le infezioni causate da germi multiresistenti facciano tra i 5mila e i 7mila morti, e all’orizzonte non ci sono nuovi farmaci pronti a combatterli. L’allarme di un’epidemia mondiale è reale, e coinvolge anche l’Italia.
Un’emergenza sottolineata dallo stesso ministro della Salute Beatrice Lorenzin che ha esortato, oltre ad un’attenzione già esistente, un impegno comune e condiviso.
Certamente si può e si deve fare qualcosa. Innanzitutto imparare ad usare gli antibiotici in modo più consapevole: l’Italia è il Paese che ne utilizza il maggior numero, ed è un circolo vizioso che deve essere interrotto. Bisogna poi migliorare la gestione dei pazienti all’interno dell’ospedale, adottando le necessarie precauzioni igieniche che impediscano la circolazione di questi germi.
L’informazione e la formazione sono determinanti, per la classe medica, per fare fronte comune ed affrontare al meglio questo tipo di epidemie e di emergenze.
Assolutamente sì: un importante studio condotto in America e in Inghilterra dimostra che la formazione per i futuri medici deve iniziare sin dall’università. Ad oggi, i nostri interlocutori sono soprattutto i colleghi già attivi sul campo, compresi i medici di famiglia: a loro va insegnato a prestare grande attenzione nell’utilizzo degli antibiotici, che se da un lato hanno salvato milioni di vite umane rivelandosi un farmaco eccezionale, dall’altro vanno usati con parsimonia. Fondamentale, infine, prediligere gli antibiotici selettivi, e non quelli che “uccidono” indiscriminatamente: sono questi ultimi, infatti, a generare i germi resistenti.