Il Vicepresidente del Parlamento Europeo, in visita alla sede romana del gruppo Consulcesi, si è schierato al fianco dei medici ex specializzandi che ancora aspettano giustizia dallo Stato italiano: «È un diritto che dev’essere riconosciuto, il tema della mediazione giuridica credo che sia l’unico che possa consentire giustizia». Poi sottolinea l’esigenza di avere «un’Europa più forte» ma che sia arricchita dalle «buone pratiche italiane»
«Avere medici che combattono con la burocrazia italiana per avere giustizia rende il sistema un po’ più fragile». David Sassoli, Vide Presidente del Parlamento europeo, in visita alla sede romana del gruppo Consulcesi, ha voluto rivolgere parole di vicinanza ai tanti medici ex specializzandi che aspettano di ricevere il giusto compenso dallo Stato italiano. Una questione che inevitabilmente interesserà anche le istituzioni europee che usciranno dalle elezioni del 26 maggio e che vedranno Sassoli candidato nelle fila del Partito democratico. L’incontro è stata un’occasione per parlare delle principali problematiche che investono gli operatori sanitari, a partire dal tema della formazione professionale: «Dobbiamo riuscire con il nuovo Parlamento a mettere sul tavolo alcune priorità che si possono tirar fuori delle nuove linee di bilancio – ha detto Sassoli a Sanità Informazione -: la formazione è importante per il professionista ma anche per il paziente, dobbiamo incentivarla anche con meccanismi premiali, come la possibilità di avere dei punteggi per partecipare a dei concorsi». Sassoli ha poi ricordato la necessità di «rendere più forte l’Europa: abbiamo bisogno di un’Europa che sia uno strumento di giustizia, che sia attrezzata a essere adeguata a rispondere alle esigenze dei cittadini». L’europarlamentare Pd ha poi elogiato il gruppo Consulcesi e il lavoro svolto negli anni dal network legale: «Dobbiamo arricchire e cambiare l’Europa con le buone pratiche delle nostre aziende, dei nostri cittadini, delle reti d’imprese. Voi siete un’eccellenza e avete delle buone pratiche da insegnare agli altri».
Onorevole, partiamo dalla formazione. La formazione è fondamentale per il medico e l’operatore sanitario soprattutto in un momento in cui la tecnologia corre velocissima. Tuttavia non tutti i professionisti riescono ad adempiere all’obbligo formativo. Cosa si può fare livello europeo?
«È importante anche per i pazienti. Avere medici che in qualche modo si attrezzano rispetto alla loro formazione, a quello che accade. Questo è molto importante per loro e per i pazienti. Dobbiamo incentivare. Abbiamo una dispersione da parte di tanti medici, cerchiamo degli strumenti per incentivarla. La possibilità di avere dei punteggi per partecipare a dei concorsi, ci sono tanti modi per dare dei premi a chi in realtà si attrezza meglio per svolgere la propria professione. Questo naturalmente dobbiamo incentivarlo».
Pensa che nel prossimo Bilancio europeo ci possa essere qualche novità a livello di formazione?
«Su questo secondo me potremmo trovare dei canali nuovi. Dobbiamo farlo presto. Dobbiamo riuscire con il nuovo Parlamento a mettere sul tavolo alcune priorità che possono tirar fuori delle nuove linee di bilancio. E questo della formazione in particolare nel settore medico è molto sentito, ce la possiamo fare».
Altro tema è quello della cosiddetta “generazione dei diritti negati”, i medici ex specializzandi dal 1978 al 2006 che non hanno ricevuto la giusta remunerazione. Lo Stato italiano ha già sborsato centinaia di milioni di euro in rimborsi. Cosa può fare l’Ue?
«In questo caso stiamo parlando di una montagna di soldi e di un disinteresse generale. Invece il problema è molto serio e molto sentito. Noi avremmo bisogno in qualche modo di aumentare le possibilità di andare in mediazione senza ingolfare i tribunali, senza mettere in pratica dei meccanismi che durano anni e che non trovano nessuna soluzione o che trovano delle soluzioni addirittura sbagliate. Questo è un diritto che dev’essere riconosciuto, il tema della mediazione giuridica credo che sia l’unico che possa consentire giustizia».
A proposito di mediazione, c’è un altro tema legato che è quello dei contenziosi. I medici e gli operatori sanitari si sentono un po’ sotto attacco in questo periodo. IL gruppo Consulcesi le quantificate in 300mila di cause pendenti nei nostri tribunali. Sta diventando difficile svolgere la professione. Si potrebbe magari varare una task force o dei gruppi di lavoro che possa appunto evitare ricorsi spesso inutili…
«Anche qui c’è il tema della mediazione giuridica. Si questo mi permetto di dire che dovremmo trovare delle regole europee. Dovremmo concentrarci, proprio per le esperienze che abbiamo, ad essere protagonisti di regole europee che in questo momento mancano e che potrebbero essere degli standard che valgono non solo per risolvere i nostri problemi ma che ci aiutano a guardare un po’ al futuro. Dobbiamo essere protagonisti in Europa, l’esperienza può essere utile anche per gli altri. Lavorare sulle buone pratiche, farle conoscere agli altri ma nello stesso tempo attirarle anche da noi».
Infine la tecnologia, parliamo di Blockchain che è una tecnologia sugli scudi in questo periodo. L’Europa se ne sta interessando ma le legislazioni degli Stati vanno ancora ognuno per conto suo. Anche da punto di vista, cosa può fare l’Unione europea?
«Il Parlamento europeo è intervenuto su questo, adesso la palla passa ai governi. Abbiamo bisogno di opinioni pubbliche che spingano i governi a tirare fuori dai cassetti le decisioni del Parlamento europeo e a svilupparli. In realtà abbiamo governi che un po’ non sentono la pressione delle nostre imprese, delle reti di impresa e anche dell’opinione pubblica. Credo che questo sia un tema molto europeo».