Sono soprattutto internisti, chirurghi, radiologi, geriatri e anestesisti a scegliere di provare a tornare sui territori. Lo studio dell’Associazione Liberi Specializzandi
I giovani medici scappano dagli ospedali e tornano sul territorio. Un’immagine che spesso viene evocata, ma che ora un’analisi dell’Associazione Liberi Specializzandi (ALS) basa sui numeri. Leggendo con attenzione le statistiche a disposizione, infatti, è emerso che su 10mila partecipanti, nel 2018 oltre 500 medici con un titolo specialistico hanno partecipato al concorso per l’accesso ai corsi di formazione in Medicina Generale. Di questi, oltre il 10% attualmente è un corsista MMG.
«Inevitabilmente questi medici specialisti iscritti al corso MMG avranno tolto un posto a un medico neolaureato, ad un camice grigio e quindi ad un medico nell’imbuto formativo, andando quindi ad alimentare anche la carenza di medici specialisti che è ad oggi nelle pagine di tutti i giornali», spiega Claudio Cappelli di ALS.
La domanda appare evidente: «Cosa spinge a fuggire questi medici dagli ospedali e cosa cercano nel territorio, ovvero nella medicina di famiglia?»; e ancora: «Quanto una eventuale specializzazione universitaria della Medicina Generale, con relative equipollenze, può incidere sulla carenza di medici specialisti e sulla “competizione fra titoli” nei giovani medici che hanno investito la loro formazione nella Medicina Generale?». Dai dati elaborati dall’Associazione, appare che il 51,5% dei medici specialisti che ha tentato il concorso in Medicina Generale ha meno di 40 anni. Sono soprattutto internisti, chirurghi, radiologi, geriatri e anestesisti a scegliere di provare a tornare sui territori, e fra questi coloro che ci sono riusciti sono in prevalenza medici di Medicina Interna e geriatri, seguiti con distacco dagli endocrinologi.
Per ora, avverte l’associazione promotrice dello studio, si tratta di numeri di esigua entità; ma, avverte l’ALS, si tratta di «un fenomeno che andremo ad approfondire nel prossimo futuro, nei prossimi concorsi». La stragrande maggioranza degli specializzandi che ha scelto la Medicina Generale è rimasta nel proprio territorio di riferimento, con Lazio e Lombardia ad accogliere oltre il 50% di questi “convertiti”: «Colpisce il Veneto con solo quei 3 medici specialisti in formazione a fronte anche qui di carenze importanti». Cosa sta succedendo, dunque? È questa la domanda con cui ALS conclude la sua ricerca.
«Se da un lato gli specialisti negli ospedali cominciano a mancare, dall’altro lato centinaia di specialisti cercano di fuggire dall’ospedale per entrare nella medicina del territorio andando quindi ad aggravare, al pari del fenomeno delle borse perdute, la carenza di medici SSN e di medici nell’imbuto formativo – spiega l’associazione di specializzandi -. In questa transizione non si salva nessuno, dal chirurgo plastico al medico internista al radioterapista».
Fa ancora più stupore la vicenda se si pensa che chi sceglie di passare dalla medicina specialistica a quella generalista sta «rinunciando di fatto a un probabile stipendio da dirigente di prima fascia, per ricominciare una formazione nella Medicina Generale a meno di 1000 euro lordi al mese». La palla, come spesso accade, passa allora ai policy maker: «Se le carenze in Medicina Generale incentivano questo passaggio, cosa sta facendo il Ministero per incentivare gli ospedalieri a rimanervi all’interno? Quando una eventuale specializzazione in Medicina Generale, con relative equipollenze, può ancora più drammaticamente influire sulla carenza di medici specialisti nel SSN?».
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