Francesco Aureli, Presidente dell’Osservatorio Internazionale per la Salute e Consigliere G7, discute i temi al centro del summit che si è svolto a Taormina: «Focus su emergenze sanitarie, quadra su salute e sanità»
HIV, tubercolosi, malaria, immigrazione, emergenze sanitarie e molto altro, sono stati i temi della sanità globale che sono stati affrontati in occasione del 43º vertice del G7 che si è svolto a Taormina il 26 e 27 maggio. A commentare l’evento, ai microfoni di Sanità informazione, in occasione della conferenza a Palazzo Madama sul “Ruolo dell’innovazione tecnologica nell’affrontare le sfide della salute globale“, Francesco Aureli, esperto di sviluppo internazionale, salute e migrazione, dell’ufficio Sherpa G7 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché Presidente dell’Osservatorio Internazionale per la Salute, spiega:
«In occasione del G7 ho indossato un doppio cappello: quello di Presidente dell’Osservatorio Internazionale per la Salute e anche il cappello di Consigliere per quanto riguarda il G7, soprattutto sulla mobilità umana e in particolare sulla salute. Sono stati centrali i temi già trattati pochi mesi fa a Montreal, dal Fondo globale per la lotta all’HIV, alla malaria e alla tubercolosi; è stato un momento proprio per porre l’attenzione da parte dell’Italia su quella che è la problematica seria del debellare la malaria dal mondo, soprattutto in Africa subsahariana dove avvengono la maggior parte dei casi. Mi sembra siano ancora 220 milioni all’anno. Il G7 si è concentrato su queste problematiche e sulle questioni relative all’antimicrobico resistenze. Stiamo lavorando in questa direzione e continueremo a lavorare soprattutto in vista della ministeriale salute, cioè quell’incontro tra tutti i ministri della salute dei paesi G7 che avverrà a Milano a novembre».
Tra le varie tematiche, un focus specifico è stato dedicato alla malaria. Sembra incredibile ma questa malattia è ancora un’emergenza sociale, ma in che modo attraverso la ricerca e l’innovazione tecnologica si può contribuire a debellarla?
«La ricerca e l’innovazione tecnologica hanno contribuito più o meno dal 2010, da quando all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stato messo in luce il fatto che la malaria fosse ancora una delle emergenze da affrontare a livello globale. Dal 2010, con quel Rapporto proprio sul raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio che dovevano essere raggiunti nel 2015, si sono attivate una serie di forze, soprattutto di partenariato pubblico e privato, a livello nazionale, regionale e globale, che hanno contribuito a identificare una serie di farmaci nuovi per la malaria e di interventi massicci, anche con insetticida nuovi per le zanzariere, che sono stati rivoluzionari e hanno permesso una riduzione della malattia notevole».
In occasione del G7 si è discusso anche di un documento programmatico che servirà poi da base per l’importante tema della formazione degli operatori sanitari, corretto?
«Assolutamente. Uno dei principali interventi che diciamo negli ultimi 7-8 anni sono stati implementati soprattutto in Africa subsahariana è stato quello della formazione degli operatori sanitari di comunità, per permettere loro non solo di avere cognizione di quelli che sono i metodi più efficaci di prevenzione, ma anche quella che è la migliore diagnosi da eseguire nelle zone rurali dove avvengono la maggior parte dei casi. E poi quello che può essere l’intervento con i farmaci nuovi o meno nuovi, resistenti o meno resistenti».