La presidente dell’Associazione Italiana Ortottisti Assistenti in Oftalmologia: «Per celebrare questa giornata solo consulenze online e web meeting. La fase 2 è cominciata con la massima cautela. L’attenzione resta alta: gli occhi possono essere veicolo di contagio»
Termometro, gel igienizzate, camice e mascherina: così gli ortottisti hanno cambiato divisa e strumenti di lavoro per affrontare l’emergenza coronavirus. «In ospedale la nostra attività ambulatoriale è stata drasticamente ridotta – dice Daniela Fiore, presidente AIOrAO, l’Associazione Italiana Ortottisti Assistenti in Oftalmologia -. Per questo ci siamo resi utili nei reparti Covid, soprattutto supportando le attività di triage, accoglienza e gestione dei pazienti che accedono all’azienda sanitaria».
E con la stessa “insolita divisa” molti ortottisti italiani hanno celebrato la sesta giornata mondiale di Ortottica, la World Orthoptic Day (WOD). Altri professionisti, invece, hanno trascorso questa ricorrenza tra consulenze online e web meeting. «Ogni anno, dal 2015 – racconta la presidente dell’Associazione Italiana Ortottisti Assistenti in Oftalmologia, una delle diciannove professioni sanitarie confluite nella Federazione degli Ordini TSRM e PSTRP – questa giornata ricorre il primo lunedì del mese di giugno. In condizioni normali saremmo stati impegnati in screening gratuiti, prevalentemente su bambini, nelle principali piazze italiane, in strutture sanitarie e centri privati, per sensibilizzare alla prevenzione e far conoscere la professione dell’ortottista e la sua utilità. Quest’anno, invece, a causa della condizione epidemiologica mondiale, tutte le consulenze sono avvenute in remoto, compresi i meeting in sinergia con le altre associazioni internazionali».
La Giornata mondiale di ortottica, infatti, è promossa dall’International Orthoptic Association (IOA), formata da 15 organizzazioni professionali nazionali, 6 organizzazioni associate e soci individuali provenienti da nazioni dove non vi è un’organizzazione riconosciuta.
In Italia, come nel resto del mondo, nei mesi scorsi gli ortottisti hanno dovuto confrontarsi con le difficoltà scaturite dalla fase 1 dell’emergenza. «Per la libera professione c’è stato un vero e proprio lockdown – aggiunge Daniela Fiore -, gli ortottisti hanno garantito solo le urgenze utilizzando molto i controlli a distanza in videochiamata, utili soprattutto per l’assistenza di quei piccoli pazienti sottoposti a particolari trattamenti che richiedono una sorveglianza frequente. Gli ortottisti del Sistema Sanitario Nazionale, invece, avendo interrotto la regolare attività ambulatoriale, sono stati chiamati a prestare servizio nei reparti Covid per contribuire a colmare le carenze di personale durante le fasi più critiche dell’emergenza».
Ora, per affrontare al meglio la fase 2, il comitato scientifico di categoria ha redatto delle linee guida ad hoc: «Non solo per la gestione del paziente – aggiunge la presidente AIOrAO – ma anche degli strumenti di lavoro che devono essere correttamente sanificati, sia per garantirne l’igiene, che per non comprometterne il funzionamento. L’attenzione per la nostra categoria resta alta: gli occhi possono essere veicolo di contagio del Covid-19 e la congiuntivite è stata spesso identificata tra i primi sintomi dell’infezione. Come ortottisti pur non occupandoci della diagnosi di congiuntivite, di competenza medica, eseguiamo esami a stretto contatto con gli occhi del paziente, come ad esempio i test lacrimali».
Dunque, una ripartenza difficile, ma sicuramente necessaria «sia per i pazienti che avevano interrotto controlli e trattamenti che per gli stessi ortottisti che, come tutti i liberi professionisti, solo riprendendo a pieno regime la propria attività potranno risollevarsi da una crisi che – conclude la presidente Fiore – ha colpito anche l’economia della professione».
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