Un’iniziativa per raccontare una professione in prima linea ed incontrare medici e istituzioni. La presidente della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva: «Suggerimenti positivi per il governo su organizzazione e follow up»
Dialogo e idee per rivedere l’organizzazione degli ospedali ed essere in grado di gestire al meglio il follow up dei pazienti guariti dal Covid. Con questo intento è partito lo scorso 21 settembre da Torino il tour “in viaggio con I Care” organizzato dalla Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva. 8 appuntamenti che si concluderanno a Bari il prossimo 4 ottobre. La casa viaggiante di animatori e anestesisti ha fatto tappa ieri a Milano presso l’Ospedale Niguarda, dove si sono confrontati in un talk show i professionisti della società lombarda stimolati in un vivace dibattito dalla presidente di Siaarti Flavia Petrini.
«La società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva raccoglie 9000 specialisti che durante questa epidemia sono stati in prima linea insieme ad infermieri e specialisti per rispondere all’emergenza Covid. Con il senno di poi riteniamo di essere stati brillanti e quindi con molto orgoglio non abbiamo voluto ridurre il congresso di ottobre ad un evento virtuale, ma abbiamo deciso di affrontare un tour in sette delle regioni messe più duramente alla prova, con una struttura da concerto rock che ci consente di mantenere le distanze di sicurezza, di toglierci la mascherina e di trasmettere ai cittadini i valori della nostra disciplina – spiega la presidente -. Sono molto orgogliosa di essere alla guida di questa società, di essere una donna e di dire che più del 50% dei nostri professionisti sono donne per un futuro più bilanciato dal punto di vista del genere».
«Sono emerse dalle prime due tappe, Torino e Milano, messaggi positivi in tema di stress che questi protagonisti hanno vissuto sulla propria pelle, ma anche suggerimenti organizzativi in vista di una possibile seconda ondata – riprende Flavia Petrini -. Stiamo cercando di capire come, oltre curare bene i pazienti Covid, la nostra disciplina possa continuare a sopportare la risposta dei bisogni di salute della popolazione. Siamo specialisti in questo, ma dobbiamo riorganizzare il sistema. E noi dal basso possiamo farlo – ammette – perché siamo ben inseriti nei contesti locali e nazionali e con questo tour siamo in grado di raccogliere informazioni e tenere confronti utili. Siamo la popolazione più anziana del pianeta con una lunga aspettativa di vita che vogliamo mantenere, ma non solo gli ospedali devono essere rimodellati, forse è il sistema della continuità assistenziale che va cambiato».
Suggerimenti che sono arrivati dai protagonisti: il professor Roberto Fumagalli, direttore del dipartimento di anestesia e rianimazione 1 dell’Ospedale Niguarda ha portato al tavolo l’esperienza di un sistema che è riuscito a reggere l’onda d’urto del Covid con una riorganizzazione interna.
«I numeri dei posti letto di Niguarda erano 70 suddivisi in neuro, cardio e generale. Sono diventati cento dove abbiamo ricoverato pazienti con insufficienza respiratoria acuta da Covid. Tutte le altre attività sono state sospese, il personale delle degenze e delle sale operatorie è stato reclutato per poter istituire nuove terapie intensive; in questa maniera siamo sempre riusciti a ricoverare tutti i pazienti che si presentavano nel nostro pronto soccorso ed abbiamo dato una mano agli altri ospedali che non potevano ospitare pazienti con insufficienza respiratoria acuta. Abbiamo fatto uno sforzo enorme – prosegue il direttore del dipartimento di anestesia del Niguarda – ed abbiamo avuto degli ottimi risultati. Il nostro ospedale è pronto per attivare altri 30 posti da dedicare ai pazienti affetti da infezione da coronavirus».
«Ciò che è mancato in alcune circostanze – ammette con un pizzico di rammarico – è che poteva esserci più solidarietà tra ospedali e Regioni. Nulla da recriminare a Regione Lombardia, però, che ha sempre dato una risposta positiva. Ora la situazione sta peggiorando, il giorno 17 in Lombardia c’erano 32 pazienti ricoverati, il giorno 20 erano già 39. I comportamenti possono avere contribuito, ma ritengo, dando uno sguardo anche agli altri paesi, che questa possa essere considerata la naturale evoluzione della malattia che raggiunge un picco e poi va in quiescenza per poi ripartire. Questo è quanto sta accadendo. Le cause? Non credo dipenda solo dal comportamento, certo sono fondamentali e per questo noi stiamo andando meglio di altri paesi, ma non è finita la guerra».
Iscriviti alla newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato