“Ovunque per il bene di tutti” è un percorso itinerante che racconta emozionanti storie di infermieri di famiglia e comunità che si sono distinti in diversi campi. L’assistenza sul territorio abbraccia la salute mentale, la pediatria, l’ausilio domiciliare, gli anziani e la scuola
Al termine dell’ondata più dura della pandemia, la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) pianifica per la prima volta nella sua storia un congresso nazionale itinerante. “Ovunque per il bene di tutti” è un percorso sul territorio per raccontare e premiare alcune eccellenze della professione infermieristica.
Esperienze e progetti che hanno consentito di garantire assistenza anche in questi due anni difficili, restando sempre a fianco dei cittadini affinché nessuno restasse mai solo. Il docufilm in esclusiva su Rai Play prodotto dalla Fnopi ospita i loro racconti, le intense storie di infermieri e infermiere che, ogni giorno, fuori dal contesto ospedaliero in cui siamo abituati a vederli, si spendono a favore della comunità. Ne citeremo, qui, solo alcuni, con un plauso a tutti.
Punti di forza e sostegno ai medici, fondamentali nel contrastare l’emergenza sanitaria per Covid-19 che ha sconvolto il mondo. Sorridono quando si sentono chiamare “eroi” perché il loro approccio alla professione è sempre stato lo stesso, un approccio totalizzante per aiutare chi soffre che non è cambiato con l’esplosione della pandemia. Anche se qualcuno dichiara di essersi sentito «una pallina di flipper», i neolaureati sentivano addosso «la paura di non essere all’altezza», gli infermieri hanno dimostrato di essere «l’ossatura, l’anima del servizio ospedaliero territoriale». Quando i malati «cercano degli occhi che li confortino» loro sono lì. A costo di rischiare la propria vita.
Franca non ha scelto di essere un’infermiera ma poi l’ha fatto per tutta la vita con grande passione. È stata «una benedizione», durante il Covid non si è mai fermata. Secondo lei, senza gli infermieri ed il loro infaticabile lavoro «saremo tutti più poveri e non in grado di dare le risposte necessarie ai bisogni sanitari della popolazione».
Dopo l’ospedale, ormai in pensione, si dedica all’assistenza domiciliare e strada facendo, si rende conto che occorre rispondere ad altri bisogni, all’assistenza domiciliare di cui «il territorio era sfornito». Insieme ad una collega riesce a creare uno spazio ambulatoriale per i malati oncologici, una casa dell’A.n.a.s a cui paga un affitto. Non solo medicazioni, l’infermiere è parte della cura, si porta addosso non solo il malato ma tutto l’insieme: la famiglia, la complessità della patologia, creando un sistema di relazioni confidenziali ed affettive.
“Ovunque per il bene di tutti” prosegue dal piccolo ambulatorio della tenace Franca alla casa della salute in cui grazie all’infermiere di famiglia ci si prende cura dei bisogni sanitari anche dei più piccoli. Il numero degli infermieri di famiglia e comunità in Italia è ancora troppo basso. Ne occorrerebbero almeno 25mila in più per l’assistenza sul territorio in applicazione del PNRR.
“Il colore delle farfalle” è un progetto di assistenza domiciliare integrata per bambini e adolescenti. L’infermiere collabora con il pediatra e con il team multi professionale. Il gruppo si incontra periodicamente una volta al mese per valutare le condizioni di salute dei ragazzi e i miglioramenti ottenuti grazie alla famiglia e a tutta la rete di sostegno dei professionisti sanitari e sociosanitari. «Un lavoro affascinante, gioioso e motivante», permette di toccare con mano i progressi nella qualità della vita di pazienti e famiglie. «L’infermiere del territorio e della comunità è un professionista sempre presente in tutti i team assistenziali, non esiste un processo assistenziale senza un infermiere. Ogni bambino ha una storia e un mondo a sé» spiegano i protagonisti.
Ma è possibile, allora, prendersi cura dei malati senza un contatto stretto e fisico con l’infermiere? Sì, a Foggia, con il progetto Diomedee, un programma di teleassistenza a distanza in cui la tecnologia è a fianco delle persone e degli operatori. Una piattaforma territoriale, una cartella informatica multiprofessionale e un’app che mette in collegamento il paziente direttamente con l’operatore che segue il monitoraggio. Indispensabile in pandemia per i pazienti Covid, la centrale operativa è gestita da infermieri che geolocalizzano i monitor a cui sono collegati i pazienti a domicilio, registrano i parametri vitali (pressione, saturazione, frequenza cardiaca) per poi consegnarli agli specialisti.
Camminare insieme agli infermieri nei boschi, in Liguria, per aiutare gli anziani a vivere in modo autonomo. È il compito di Antonella che coordina un progetto europeo per assistere gli abitanti dell’entroterra a casa loro tra socialità e pratiche salutari per evitare le ospedalizzazioni. Ognuno ha un diario in cui registra i dati della frequenza cardiaca che cambia nel passaggio da un percorso più facile a uno più faticoso. Inviati poi al ministero, servono a capire la salute dei nostri anziani e migliorare la loro condizione.
Stefania lavora come infermiera nell’equipe dell’abitare supportato. Una squadra multi professionale che collabora attivamente nella pianificazione e nella valutazione dei bisogni di salute delle persone fragili. A stretto contatto con i centri di salute mentale, il gruppo supporta i pazienti a domicilio perché è importante per loro vivere nella propria casa. Li aiutano a gestire la terapia, a fare la spesa, a riconoscere i sintomi che possono indicare aggravamenti della malattia e a organizzare il loro tempo libero.
«Il territorio è il futuro dell’infermiere a livello sanitario e sociale, va aiutato. Le persone si sentono sole a casa, devono arrangiarsi. L’infermiere di famiglia va a casa dell’utente anziano, lo prende in carico «diventa il suo punto di rifermento allevia le sue sofferenze, ritarda l’aggravarsi delle patologie croniche» evidenzia Antonella.
E gli infermieri sono fondamentali anche per seguire i primi mille giorni di un neonato. Come nel progetto di ostetriche e infermiere pediatriche che sostiene e rafforza il ruolo dei genitori supportando le mamme nella prima relazione con il bambino, districando nodi, dubbi e perplessità. Un personale adeguatamente formato e laureato che si reca a casa, a sostegno delle neomamme e a tutela del bambino.
Un infermiere resta il punto di riferimento anche del bambino che cresce e va a scuola. È il ruolo dell’infermiere scolastico, accolto con piacere dai più piccoli. La consapevolezza e sensibilità con cui agisce un operatore sanitario non può essere posseduta da un docente con un’altra professionalità. Spesso i maestri chiedono collaborazione anche su tematiche non sanitarie. Durante il Covid i bambini hanno imparato a conoscere le loro paure. Spiegare il corretto uso delle mascherine e i motivi del distanziamento, li ha rassicurati e responsabilizzati.
L’infermiere c’è sempre: dai primi giorni alle ultime fasi della vita. Il centro di cure palliative di Roma “Insieme nella cura” garantisce un’intensa attività assistenziale e dà sollievo alle famiglie provate dalla pesante esperienza di malattia dei loro cari. «La finalità è alleviare la sofferenza del paziente con interventi di tipo sanitario ma anche di natura psicologica sociale e spirituale. In un clima affettuoso e rispettoso di malato e familiari». Dodici camere che rappresentano un prolungamento di casa, ognuna con il nome della persona ricoverata. La gestione operativa è affidata ad un infermiere fortemente motivato a realizzare un’assistenza di qualità.
«Se un malato mi chiama io ci devo andare: poi vedremo» dice Franca. Questo è lo spirito che guida l’infermiere nella sua missione professionale indispensabile nell’ambito del SSN.
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