La denuncia del Fronte della Gioventù Comunista: «Sistema classista che non premia il merito ma le possibilità economiche. Leso diritto allo studio e al lavoro»
Assegnato, prenotato, in attesa. Anche quest’anno i giovani aspiranti studenti di Medicina e Chirurgia hanno conosciuto il loro destino universitario attraverso la graduatoria online, dopo circa un mese dai fatidici test. Intanto, il sistema del numero chiuso continua a dividere: gli studenti, i sindacati, l’opinione pubblica. E non è una semplice battaglia ideologica tra favorevoli e contrari. Perchè anche all’interno della stessa fazione si riscontrano le motivazioni più disparate, punti di vista diversi e tutti meritevoli di considerazione. Ci sono i puristi del numero chiuso, coloro i quali vedono nel sistema di accesso programmato così com’è adesso concepito il miglior criterio di selezione possibile.
C’è chi invece questa selezione la contesta a monte, ritenendo ingiusto e riduttivo valutare l’attitudine alla professione in ragazzi appena maggiorenni tramite un test “a crocette”. Ci sono i favorevoli pragmatici («le aule hanno pochi posti»), i favorevoli darwiniani («solo i migliori possono farcela»), e i favorevoli con riserva, quelli a cui il numero chiuso starebbe bene purchè rivisto in alcuni aspetti, dalla struttura del test d’ingresso all’aumento del numero dei posti disponibili. Tra i contrari, spiccano le motivazioni del Fronte della Gioventù Comunista, che a Napoli, nel giorno dei test, si è mobilitato con un’azione di protesta, con tanto di striscione affisso per ore ai cancelli del polo universitario di Monte Sant’Angelo.
Per il FGC, infatti, il sistema del numero chiuso sarebbe classista e discriminatorio dal momento che la preparazione ai test passa spesso per corsi intensivi a pagamento che solo gli studenti più abbienti potrebbero permettersi. «Il ceto sociale dei candidati determina fortemente l’esito dei test» – denuncia ai nostri microfoni Giorgio Di Fusco, Responsabile FGC di Napoli. «A queste condizioni – continua – non è più possibile appellarsi alla meritocrazia. E’ un sistema che penalizza i migliaia di studenti che non provengono da scuole prestigiose, o che non possono permettersi di spendere migliaia di euro per prepararsi con corsi privati. E’ evidente che le condizioni di partenza non sono uguali per tutti gli studenti. Il nostro Paese – aggiunge Di Fusco – da anni soffre di una cronica mancanza di personale sanitario, in sette anni abbiamo perso novemila medici e cinquantamila infermieri. Ad oggi è chiaro che il numero chiuso a Medicina serva solo ad assecondare i tagli alla sanità pubblica, a vantaggio del settore privato. Quello che noi chiediamo – conclude – è il diritto allo studio garantito a tutti indipendentemente dal reddito, e l’inserimento dell’università pubblica nell’ambito di una pianificazione nazionale che garantisca alle nuove generazioni il diritto a un lavoro senza precarietà». Quel che è certo è che anche quest’anno, a seguito delle numerose irregolarità durante lo svolgimento dei test denunciate in tutta Italia, il TAR del Lazio sarà subissato di domande di ricorso.