Anestesisti e rianimatori ospedalieri battaglieri sul rispetto degli orari di lavoro. Il presidente di Aaroi e Emac, Alessandro Vergallo: «Superare il sistema regionalistico e puntare sui ricorsi per dare efficacia alla legge 161/2014»
, sia il 10 che il 18 novembre, è mancato qualunque approccio tecnico alla legge 161/2014. Abbiamo consegnato un documento di disamina tecnico-normativa di dodici pagine che non è stato nemmeno preso in considerazione. Fortunatamente, alcune regioni come Veneto e Lombardia si sono mosse in qualche modo, tentando di dare una propria interpretazione. Ma è chiaramente una mossa unilaterale. D’altra parte non avevano un mandato che permettesse loro di fare altrimenti; il nostro interlocutore era l’Aran, ma anche la Conferenza delle Regioni, che però non si è presentata ed ha invece mandato avanti l’Agenzia con il ruolo di ambasciatore ma senza potere decisionale. E questo ci ha profondamente delusi. Noi siamo perfettamente in grado di interloquire sulle capacità organizzative, però devono chiamarci. Ci proponiamo di aiutare le istituzioni nazionali, prima di tutto a interpretare la norma ed evidenziare quelle che sono le criticità, dopo di che, siamo in grado di capire quali sono gli ambiti, si spera più ristretti possibile, a cui è possibile derogare per consentirci di lavorare nel pieno delle nostre condizioni psico-fisiche. Un anestesista, un rianimatore, un medico dell’emergenza riposati e in piena efficienza fisica sono una garanzia di sicurezza per se stessi e, molto di più, per il cittadino».
Fino ad ora, però, la normativa europea sugli orari di lavoro non è stata rispettata. In tanti casi sono già stati avviati dei ricorsi, promossi dai medici nei confronti dello Stato inadempiente. È un aspetto che va tenuto in considerazione.
«Siamo a conoscenza della possibilità di fare ricorso, del tema dei ricorsi e del motivo del contendere. L’Aaroi sostiene che un ricorso deve avere ragionevoli possibilità di poter essere avviato e vinto qualora l’orario effettuato, quindi timbrato, corrisponda a una effettiva attività certificata e attestata dalla documentazione ufficiale dell’ospedale. Per quanto riguarda noi, siamo pronti; tutta la nostra attività ormai in quasi tutti gli ospedali d’Italia, viene registrata elettronicamente, attraverso sistemi elettronici e cartelle cliniche che vanno a finire in un sistema informatico da cui è facilissimo desumere qual è il grado di efficienza di sistema: in termini tecnici, il grado di saturazione di attività, banalmente per le sale operatorie, piuttosto che per le terapie intensive».