Quasi la metà dei tecnici della riabilitazione psichiatrica lavora in strutture residenziali, tra i luoghi più a rischio Covid-19. Famulari (AITeRP): «Privilegiamo la territorialità. Ambulatori e domicili sono i luoghi più idonei alla riabilitazione»
Puntare sulla “m-Health”, la salute mobile, per superare il lockdown e per affrontare la fase 2 dell’emergenza Covid-19: è questo uno degli obiettivi dei tecnici della riabilitazione psichiatrica. E, per raggiungerlo, chiedono che sia incrementata la formazione nell’ambito della tele-riabilitazione: «Una necessità – spiega Roberta Famulari, presidente dell’Associazione Italiana dei Tecnici Riabilitazione Psichiatrica (AITeRP) – espressa da quasi il 90% dei professionisti di categoria». Il dato è emerso da un questionario online che la stessa AITeRP ha proposto ai suoi associati nei giorni cruciali della pandemia per indagare criticità e difficoltà del lavoro dei tecnici della riabilitazione psichiatrica in questo periodo di emergenza sanitaria.
«Circa il 40% dei servizi – commenta Famulari – ha continuato a funzionare a regime anche durante il lockdown, mentre il resto è stato chiuso o ridimensionato. Tra le pratiche di lavoro alternative il “colloquio telefonico” è il più utilizzato (78%), mentre i software specifici di tele-assistenza sono risultati essere i meno diffusi (8%)». Alla luce di questi dati l’AITeRP ha istituito un gruppo di lavoro dedicato all’implementazione dei servizi di tele-riabilitazione.
«L’emergenza Covid – spiega Valerio De Lorenzo, consigliere della direzione nazionale AITeRP – ci spinge a strutturare gli interventi di tele-riabilitazione nel minor tempo possibile. Esistono già dei software adeguati a questa pratica a distanza, utilizzati da alcuni colleghi, ma il nostro impegno attuale è volto alla creazione di linee guida che possano diventare una bussola per i professionisti di categoria, orientando tutti i tecnici della riabilitazione psichiatrica nella stessa direzione».
E quando l’emergenza sarà finita, ci sarà ancora bisogno della tele-riabilitazione? «Lo strumento tecnologico non potrà mai sostituire la persona – sottolinea De Lorenzo -. Ogni tecnica è sempre umano-centrica e, soprattutto, operatore-dipendente. Il nostro lavoro si svolge e si svolgerà anche in futuro privilegiando, ovviamente, il trattamento in presenza, in una cornice di alleanza terapeutica. È probabile, dunque, che la tele-riabilitazione affiancherà la relazione vis a vis, beneficiando così dei vantaggi che possono derivare da entrambe le forme riabilitative. La tele-riabilitazione – aggiunge il consigliere della direzione nazionale AITeRP – può avere il grande vantaggio di far “entrare” il professionista a casa del paziente in punta di piedi creando, paradossalmente, una maggiore vicinanza con la sua sfera di vita privata. Al contrario, la relazione vis a vis mantiene la presenza fisica ed emotiva, elementi fondamentali nel lavoro con pazienti psichiatrici».
I tecnici della riabilitazione psichiatrica, dunque, dovranno prepararsi ad un’integrazione delle conoscenze, mescolando setting ordinari a modalità terapeutiche innovative. «È probabile – commenta la presidente Famulari – che la giovane età di questa categoria professionale agevolerà questo tipo di formazione. Le due fasce di età maggiormente rappresentate, infatti, sono quelle tra i 25 e i 30 anni (33,5%) e quella tra il tra i 30 e i 40 (36,5%). Ci sarà da lavorare, invece, sulla diffusione della professione in tutta la penisola. Ad oggi i tecnici della riabilitazione psichiatrica sono presenti soprattutto in tre regioni: Lombardia (17,4 %), Sicilia (13%) e Piemonte (11,6%)».
E, intanto, mentre si lavora alla diffusione della tele-riabilitazione, ci si prepara anche ad affrontare la fase 2, ormai alle porte: «Ci aspettiamo un maggiore carico di lavoro – dice Famulari -. Per questo, è necessario che professionisti ed utenti comprendano bene come mettere in pratica tutte le regole previste dal distanziamento sociale. Poi, sarà necessario recuperare la “Dimensione Comunitaria dell’assistenza” in Salute Mentale, favorendo la riabilitazione nei contesti territoriali, dagli ambulatori ai domicili, ovvero implementando la presenza dei TeRP nei CSM (Centri di Salute Mentale). Dal nostro questionario online è emerso che circa il 45,9% dei tecnici della riabilitazione psichiatrica lavora in una Struttura Residenziale. Un dato troppo alto (rispetto alla presenza nei CSM) – conclude Famulari – che non risponde ai reali bisogni di salute dei cittadini, che dovrebbero poter contare sulla piena funzionalità dei servizi prossimi alla persona, né all’emergenza Covid-19, che ha già mostrato come le strutture residenziali possano facilmente trasformarsi in focolai di contagio».
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