L’autorità competente italiana presente a Milano con 18 tra progetti e studi. Il direttore: «Più integrazione con ospedale e territorio»
Si chiude oggi a Milano il ventesimo congresso dell’Esot, la società scientifica europea per i trapianti di organo, che in questi giorni ha riunito in Italia i protagonisti della trapiantologia internazionale e tutti i principali attori istituzionali delle reti sanitarie di tutte le nazioni del continente. Anche il Centro nazionale trapianti ha partecipato all’evento come autorità competente del nostro Paese, coordinando due sessioni di lavoro e presentando un numero particolarmente significativo di progetti e studi, ben 18, in particolare un lavoro sull’utilizzo dei donatori positivi al SARS-CoV-2, appena pubblicato sull’American Journal of Transplantation, e quello sui risultati di un anno di applicazione del nuovo protocollo nazionale per i pazienti urgenti in attesa di trapianto di cuore.
«La presenza del Cnt a Esot 2021 è stata l’occasione per rimarcare la leadership della trapiantologia italiana nel panorama europeo e mondiale – spiega il direttore Massimo Cardillo –. La rete del Servizio sanitario nazionale è stata tra quelle che ha sopportato meglio i colpi della pandemia, con un calo dell’attività del 10% durante le prime ondate, mentre nel resto del mondo la media è stata del 31%, come ha verificato uno studio presentato proprio qui a Milano». Non solo: «Durante la pandemia – ricorda Cardillo – l’Italia dei trapianti è stata pioniera su molti fronti: dal primo trapianto europeo di polmone su un paziente vittima del Covid fino ai primi trapianti al mondo da donatori positivi al virus, prima su riceventi positivi e infine persino su pazienti negativi all’infezione. Esperienze che abbiamo analizzato e condiviso durante il congresso e che oggi sono best pratice a livello internazionale».
Ora la sfida, conclude il direttore del Cnt, è quella di «individuare e adottare misure che possano consolidare l’attività di donazione e trapianto nei vari paesi europei rendendola più flessibile e capace di reggere l’urto di grandi emergenze sanitarie come quella che stiamo attraversando». In particolare, «l’esperienza della pandemia ci insegna che va rafforzata l’integrazione con le strutture ospedaliere e la medicina del territorio, fondamentale per l’approccio multidisciplinare richiesto dal trapianto, e questo a partire dalla rete delle terapie intensive, che sono state la trincea del Covid ma che sono anche il luogo nel quale si concretizzano le donazioni di organi che rendono accessibile ai pazienti in attesa la terapia del trapianto».
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