Quattro gli obiettivi che la Federazione Migep OSS e il sindacato Shc OSS intendono raggiungere con coesione tra tutti gli operatori: istituire un registro nazionale, comporre un tavolo tecnico, inaugurare un osservatorio e rivedere la formazione
«La questione non è chiusa e continueremo a lottare per far valere i nostri diritti». Resta ferma la posizione di Angelo Minghetti, coordinatore Migep (la Federazione nazionale delle professioni sanitarie e socio-sanitarie), dopo l’ultima sentenza pronunciata dai giudici. Il Consiglio di Stato, infatti, con la sentenza n. 04340 del 07/06/2021, ha deciso che all’Oss “non può essere riconosciuto il titolo di professionista sanitario”, respingendo, così, il ricorso del Migep e del Sindacato Professionale Human Caring Sanità contro il Ministero della Salute.
I rappresentanti di categoria, appellandosi all’art. 5 della Legge “Lorenzin”, ovvero la n.3 dell’11 gennaio 2018 (che istituiva gli ordini degli Infermieri, delle Ostetriche e delle Professioni Sanitarie), avevano “accusato” il dicastero di non aver inserito formalmente la figura professionale dell’Oss nell’area sociosanitaria, «impedendo – aveva sottolineato il Migep – agli operatori interessati di poter ottenere i migliori trattamenti economici e professionali che spettano loro in forza alla Legge Lorenzin». Nel 2020, la Federazione aveva avanzato la stessa richiesta al Tar che l’aveva ugualmente respinta.
«La decisione del Consiglio di Stato – spiega Minghetti – evidenzia che la figura dell’Oss, così com’è legata all’accordo stato-regioni del 2001, non può evolvere in area socio-sanitaria, perché scarsa nella formazione. Per questo, diventa forte la richiesta di istituire un nuovo percorso formativo».
No ad azioni isolate, sì ad una coesione dell’intera categoria professionale. «Diciamo basta alle singole iniziative separate delle varie associazioni Oss – sottolinea Minghetti -, così come non riteniamo utili gli elenchi regionali». Sono quattro gli obiettivi che la Federazione Migep OSS e il sindacato Shc OSS intendono raggiungere con coesione tra tutti gli operatori: istituire un registro nazionale, comporre un tavolo tecnico, inaugurare un osservatorio e rivedere la formazione.
Per raggiungere questi traguardi, il primo passo da compiere è la revisione del profilo professionale dell’Oss. «Si possono avere centinaia di proposte per una formazione migliore, ma se non si cambia la struttura da tecnico a socio-sanitario – aggiunge il rappresentante di categoria – gli Oss rimarranno sempre tecnici, con competenze che comprendono una gamma molto vasta di attività, che vanno dalle pulizie all’assistenza al paziente. Solo successivamente, serviranno un osservatorio nazionale permanente e un tavolo tecnico nazionale, come strumenti di gestione del registro nazionale degli Oss».
Secondo Minghetti, è necessario prevedere un unico contratto nazionale di lavoro. «Attualmente gli Oss sono assunti attraverso trentasette diverse forme contrattuali, spesso come operai o amministrativi, pur trovandosi a stretto contatto con utenti e pazienti. Senza delle direttive nazionali – spiega Minghetti – ogni regione attribuirà all’Oss le mansioni che gli sono utili. Intervenire a livello normativo è necessario per eliminare queste disparità, anche in termini di lavoro usurante e di trattamento economico non sempre adeguato. In altre parole, è necessario definire le competenze specifiche dell’Oss, la formazione, rendendola omogenea in tutto il territorio nazionale, superando il desueto inquadramento del ruolo tecnico, facendo confluire la figura dell’operatore socio-sanitario nel ruolo socio-sanitario, così come espressamente previsto dall’articolo 5 della legge 3/18 Lorenzin».
Per far valere i propri diritti gli Oss sono pronti ad un’azione dimostrativa: «Stop agli interventi assistenziali sui pazienti. L’Oss, oltre a tutelare se stesso – conclude il coordinatore Migep -, deve tutelare anche il cittadino malato».
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