La delibera 305 del 16 marzo permette agli OSS di acquisire competenze avanzate tipiche della professione infermieristica. Dei Mori (OPI Belluno): «C’è il rischio dell’abuso di professione». Minghetti (MIGEP): «Mansioni superiori senza riconoscimenti, è sfruttamento»
Lo scontro tra FNOPI e Regione Veneto potrebbe presto finire davanti ai giudici amministrativi. Oggetto del contendere la delibera della Giunta regionale guidata da Luca Zaia, la n. 305 del 16 marzo 2021 che approva un percorso di “Formazione complementare in assistenza sanitaria dell’Operatore Socio-Sanitario” destinato prioritariamente agli Operatori Socio-Sanitari in attività presso le strutture extra-ospedaliere residenziali e semiresidenziali per anziani, pubbliche e private accreditate, al fine di contrastare la carenza di personale dovuta all’emergenza pandemica. Il provvedimento, almeno nelle intenzioni dell’assessore alla Sanità del Veneto Manuela Lanzarin, punta a risolvere il problema della carenza di personale infermieristico nelle strutture extra-ospedaliere.
Una soluzione che però sia la Federazione delle Professioni Infermieristiche che le associazioni di categoria degli OSS come il MIGEP vedono come fumo negli occhi. A raccontare la genesi del provvedimento è Luigi Pais Dei Mori, presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Belluno e componente del Comitato centrale FNOPI.
«Dall’autunno del 2020 chiediamo formalmente incontri in regione e abbiamo avuto le risposte più varie. Siamo riusciti ad ottenere un incontro verso metà marzo con dei funzionari della regione che improvvidamente si sono lasciati scappare il fatto che esisteva questa delibera che, peraltro, non era ancora stata pubblicata online. Noi l’abbiamo saputo per caso. Può immaginare il nostro disappunto», spiega Dei Mori a Sanità Informazione.
Ma al di là della forma, è il contenuto a non convincere affatto i rappresentanti della professione infermieristica. «La delibera ha ripreso quanto già accaduto nel 2004 ma ha allargato in modo pericoloso le attività attribuibili agli operatori lasciando peraltro una cornice di riferimento di autonomia nei confronti delle persone assistite da parte dell’OSS che non era mai stata affrontata nelle normative precedenti. Per cui dal nostro punto di vista è una delibera illegittima per quanto concerne la materia, proprio perché va a normare da un punto di vista regionale un accordo Stato-Regioni che regolava la questione. Ma è pericolosa anche per l’utente e per l’operatore socio-sanitario perché il fumus di abuso di professione è tutt’altro che un’ipotesi peregrina».
Alla luce di queste considerazioni, OPI Veneto (con l’appoggio della Federazione nazionale) è pronta ad adire le vie legali: «Quello che stiamo mettendo in piedi è un ricorso al TAR con una richiesta di sospensiva per il periculum in mora (cioè il danno causato del ritardo) della delibera stessa e stiamo valutando anche altre azioni sotto altri profili giuridici che stiamo approfondendo perché la questione ci sembra particolarmente grave» spiega Dei Mori.
Una posizione, quella della FNOPI, condivisa anche dai rappresentanti degli OSS come Angelo Minghetti, Coordinatore del MIGEP che ha scritto a tutte le istituzioni (Governo, Ministero e parlamentari) per fermare la delibera. «Il provvedimento va ad ampliare le competenze dell’OSS a livello infermieristico con una maggior responsabilità: in pratica un abuso di professione. Ma non si può sopperire a una carenza infermieristica con un personale non preparato adeguatamente. Ci sono sovrapposizioni di competenze infermieristiche che non dovrebbero entrare minimamente nelle competenze dell’OSS».
Secondo Minghetti si tratta di uno «sfruttamento» di operatori che «saranno sempre retribuiti come OSS di base ma a cui saranno attribuite mansioni superiori senza un riconoscimento né giuridico né economico e normativo».
Il rischio è che la delibera veneta apra il vaso di Pandora con le altre regioni che potrebbero essere pronte a varare provvedimenti simili. Ma alla base della decisione del Veneto c’è il problema della cronica carenza di infermieri che nelle strutture private extra-ospedaliere è diventata una vera emergenza.
«Quella della Regione Veneto – spiega Dei Mori – sembra essere una operazione fatta per accontentare dei grossi potentati. Non tanto le RSA quanto le associazioni che gestiscono i contratti delle RSA. Queste spingono correttamente per trovare una soluzione al problema della carenza di personale ma, in realtà, il tema sembra essere la poca sostenibilità anche economica di un sistema socio-sanitario che fatica a reggersi in piedi».
La soluzione potrebbe essere una riforma complessiva della professione degli Operatori Socio-Sanitari che potrebbe in qualche modo assomigliare a quella presentata da Paola Boldrini (Pd), Vice Presidente della Commissione Sanità che punta a creare un percorso formativo uniforme e un registro nazionale: «Noi – spiega Minghetti – abbiamo lavorato a questo Ddl con l’obiettivo di rivedere l’assetto formativo dell’OSS con una revisione delle competenze. È un lavoro elaborato anche con la FNOPI che mira a non invadere l’area di pertinenza degli infermieri. Voglio ricordare che in questo momento l’OSS non è neanche nell’area socio-sanitaria, è considerato “operatore di interesse sanitario”, che non vuol dire nulla».
«Se si vuole fare una riforma del sistema – conclude Dei Mori – non basta ragionare annualmente sul turn-over del personale. Ogni anno abbiamo proposto un incremento dei numeri per quanto riguarda il fabbisogno e gli infermieri da formare all’università. La regione non ci ha mai ascoltato da questo punto di vista e non ha voluto investire nel mondo infermieristico in maniera importante e sostanziale. Ora non possiamo trovare soluzioni illegittime e pericolose per tamponare una situazione che la regione stessa ha creato».
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