«Assistenza domiciliare, promozione della salute, rispetto dell’aderenza terapeutica, gestione dei rapporti con le altre professioni sanitarie. Sono solo alcune delle funzioni svolte dall’infermiere di famiglia e di comunità». Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi, sottolinea l’importanza di questa figura professionale, in occasione della Giornata internazionale dell’Infermiere
Il 12 maggio del 1820 nasceva Florence Nightingale, considerata la fondatrice della assistenza infermieristica moderna. In suo onore, dal 1974, nel giorno della sua nascita, si celebra la Giornata internazionale dell’Infermiere. Una professione in continua evoluzione che oggi si prepara ad affrontare nuove sfide
«Tra queste – ha spiegato la presidente della Federazione nazionale degli Ordini degli infermieri, Fnopi, Barbara Mangiacavalli – c’è senz’altro il pieno riconoscimento dell’infermiere di famiglia e di comunità. Una figura fondamentale che non ha ancora ottenuto una precisa collocazione nel Sistema Sanitario Nazionale».
«Il ruolo dell’infermiere di famiglia e di comunità – ha sottolineato Mangiacavalli – è indispensabile sia per la presenza costante sul territorio, che per la sua capacità di fare da collettore tra i vari professionisti. Tiene insieme il medico di famiglia, figura fondamentale, gli specialisti ospedalieri territoriali, che prendono in carica il problema acuto della patologia, fino a tutta la rete di servizi, compreso gli assistenti sociali e i volontari».
Ma i suoi compiti non finiscono qui: «Si occupa della presa in carico del paziente che, uscito all’ospedale dopo un episodio acuto, ha bisogno di attivare una rete di assistenza domiciliare. Ancora – ha aggiunto la presidente della Federazione nazionale degli Ordini degli infermieri – gestisce interventi di promozione della salute sul cittadino sano, attiva percorsi legati all’aderenza terapeutica, monitora il paziente cronico, che potrebbe non curarsi o curasi male, per evitare che possa avere delle riacutizzazioni e quindi frequenti ricoveri ospedalieri».
Nonostante la molteplicità di funzioni che è in grado di ricoprire l’infermiere di comunità non ha trovato ancora una collocazione diffusa: «In Italia non è una figura strutturata – ha commentato Mangiacavalli – ci son state solo alcune sperimentazioni in poche regioni italiane».
Eppure i professionisti sono già formati, ci sarebbe solo da metterli a lavoro. «Abbiamo dei master sull’infermieristica di famiglia e di comunità molto frequentati – ha spiegato la presidente della Federazione nazionale degli Ordini degli infermieri – corsi che offrono delle competenze utili anche a realizzare la cosiddetta sanità di iniziativa, tipica della rete territoriale, diversa dalla sanità di attesa. Occorre, dunque, solo definire come incardinare questa funzione all’interno del Sistema Sanitario Nazionale. E per questo è auspicabile la programmazione di un passaggio in conferenza Stato-Regioni»
Sui tempi di realizzazione la presidente della Fnopi non si sbilancia: «sono condizionati dal momento che stiamo vivendo», ha detto. Ma sulla necessità non ha dubbi: «Ritengo che sia assolutamente fondamentale attivarlo. Perché – ha specificato Mangiacavalli – il panorama sociale è costituito da un numero crescente di cittadini che hanno bisogno di essere assistiti, presi in carica, curati nel loro ambiente di vita quotidiana. Devono arrivare all’ospedale per acuti solo quando realmente serve. La vita di tutti i giorni, soprattutto per i pazienti cronici, più fragili degli altri, deve potersi svolgere anche fuori dalle strutture sanitarie».
Diffondere su tutto il territorio italiano la figura dell’infermiere di famiglia porterebbe benefici non solo per la salute dei cittadini, ma anche per le casse dello Stato. «Pensiamo anche solo all’aderenza terapeutica – ha detto Mangiacavalli – che potrebbe raggiungere livelli ottimali riuscendo a lavorare sulla consapevolezza del paziente, su quella dei familiari e dei caregiver. Già questo – ha concluso la presidente Fnopi – abbatterebbe dei costi del tutto evitabili per il Ssn».