Il commento del Presidente della Federazione Veterinari, Medici e Dirigenti Sanitari dopo l’ennesimo caso a Foggia: «Situazione per noi ormai ingestibile»
L’auto incendiata ad un medico veterinario di medicina pubblica, dipendente della Asl di Foggia, che opera nel settore degli alimenti di origine animale, riaccende i riflettori sulla questione sicurezza degli operatori sanitari.
La denuncia viene da Sivemp (Sindacato Italiano Veterinari Medicina Pubblica), secondo cui il gesto avrebbe avuto il «chiaro intento di dissuadere il veterinario del Sistema Sanitario Nazionale dal pretendere un puntuale rispetto della legge in tema di sicurezza e protezione dei consumatori, cioè dallo svolgere il suo lavoro a garanzia della filiera alimentare e della salute pubblica».
Si tratta, purtroppo, solo del più recente episodio di intimidazione, e che sia Sivemp il Sindacato dei Veterinari del Ssn che FVM (Federazione Veterinari, Medici e Dirigenti Sanitari) denunciano ripetutamente da tantissimi anni. Tant’è che da qualche anno si richiesta dei medici veterinari pubblici del Sivemp è nato l’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie. Un organismo che nasce da una richiesta di maggior assistenza avanzata diversi anni fa da parte del settore, ormai stremato dai continui episodi di reazione e intimidazione contro l’applicazione delle norme di tutela sanitaria.
«Questo osservatorio – spiega a Sanità Informazione Aldo Grasselli, Presidente FVM – è entrato in funzione, poi ha avuto uno stop, poi è ripartito, ma senza assunzione di una qualsiasi iniziativa concreta. Noi abbiamo partecipato per un periodo ai lavori, abbiamo alimentato la documentazione e la casistica, ma poi ce ne siamo dissociati perché non vedevamo prospettive. Anche perché l’osservazione di un fenomeno come quello di cui parliamo è un momento diagnostico. La diagnosi è ormai stata fatta ed è chiara ed evidente: esistono dei territori e dei settori in cui c’è un sostanziale rifiuto delle norme di sanità pubblica, anche a livello di crimine organizzato. A noi ora interessa la terapia: cioè la repressione delle intimidazioni e il sostegno alla sanità veterinaria da parte delle forze dell’ordine e della magistratura».
Una terapia che, secondo Grasselli, consiste in: «Aumentare il numero dei medici veterinari, dato che siamo in una situazione di carenza; aumentare i servizi in loro supporto e finanziarli; dare più risposte corrispondenti ai bisogni della cittadinanza e laddove si avverte una situazione di esposizione al rischio bisogna, usando una metafora calcistica, “raddoppiare la marcatura”. Non è possibile – spiega ancora Grasselli – mandare in avanscoperta, in territori in cui esiste una resistenza alle norme sanitarie, un singolo veterinario che si trova esposto a reazioni sul piano soggettivo. Bisogna mandare più veterinari in gruppo che possano operare in équipe, insieme a tecnici della prevenzione, ove occorre a forze dell’ordine e non ultimi i Nas in modo da dare il senso di una forte determinazione della Pubblica Amministrazione e della “autorità competente” in materia, che è costituita dalla ASL, dalla Regione e dal Ministero della Salute, non certo dal veterinario di turno. Queste situazioni, questi episodi di intimidazione devono finire, anche perché il veterinario ufficiale del Ssn non opera per un suo particolare interesse ma nell’interesse della collettività».
Un fenomeno, quello delle intimidazioni e delle aggressioni anche fisiche sia ai professionisti che ai loro beni e ai loro famigliari che negli ultimi anni è stato in «costante e clamoroso aumento». Un calo del numero di episodi del genere in concomitanza con la pandemia Covid-19 si può solo associare a un calo delle attività commerciali, mentre una recrudescenza del tentativo di intimidazione è associabile a un generale «rifiuto della sanità pubblica e delle sue funzioni di controllo e regolazione» (e che dunque riguarda i professionisti sanitari nel loro complesso) che ha portato ad una «situazione che per noi sta diventando molto rischiosa e ingestibile».
Uno dei problemi più importanti è quello della “personalizzazione” dell’attività di controllo ufficiale svolta dai sanitari: «Quando ci sono situazioni di possibile rischio – conclude Grasselli –, non si può lasciare solo il professionista, ma si deve intervenire sui casi critici con équipe di colleghi, affinché coloro che vogliono intimidire si rendano conto che non hanno di fronte un solo medico ma tutta la Pubblica Amministrazione e lo Stato nel suo complesso. Noi forniamo un servizio pubblico al pari di magistrati e forze dell’ordine e non è pensabile che una rappresentanza dello Stato venga lasciata da sola ed esposta ad un rischio di intimidazione e violenza che mette in pericolo la sua incolumità, quella dei suoi beni e magari anche quella dei suoi familiari».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato