Lavoro e Professioni 19 Ottobre 2017 15:22

Irap, conguagli Irpef, tassa rifiuti e tanto altro… Le scadenze che fanno tremare i medici

Avviando l’azione di recupero entro la fine dell’anno, il credito relativo all’anno 2015 sarà compensabile sin dal 1° gennaio. I consulenti Consulcesi: «Già recuperati oltre 760mila euro. Ecco la documentazione che bisogna produrre»

Irap, conguagli Irpef, tassa rifiuti e tanto altro… Le scadenze che fanno tremare i medici

C’è sempre l’Irap nei pensieri che agitano i camici bianchi in tema di tasse e tributi. Ma dopo le ultime evoluzioni giuridiche e giurisprudenziali in tanti stanno invertendo la tendenza ritrovando la serenità e un cospicuo gruzzolo per ammortizzare le altre tasse dovute.

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Per recuperare l’Irap pagata ingiustamente negli ultimi cinque anni, infatti, questi sono i mesi decisivi perché si deve agire entro il 31 dicembre. A causa della prescrizione quinquennale, infatti, dal prossimo anno non sarà più possibile recuperare l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive relativa al 2012. «Il 31 dicembre va in prescrizione il 2012 e rappresenta quindi un punto di non ritorno. Se non si agisce prima, quanto versato ingiustamente nel 2012 andrà perso». A far chiarezza su termini e procedure relativi al tema Irap è il consulente fiscale Giampiero Pantano, che sottolinea come quella del 31 dicembre sia una data da segnare in agenda. Agendo entro quella data, infatti, dal 1° gennaio 2018 si potrà utilizzare il credito recuperato al momento di affrontare le scadenze fiscali del prossimo anno.

Ma quanto si può recuperare materialmente, al termine del procedimento? Ovviamente le cifre cambiano da medico a medico, a seconda della sua specifica situazione. Tuttavia, Consulcesi, realtà leader nella tutela dei camici bianchi e di cui Pantano è un consulente tecnico, ha già fatto recuperare oltre 760mila euro di Irap non dovuta a decine di medici. La stima vede un valore medio nazionale del 4% di IRAP su un reddito imponibile di 70mila euro, su cui è possibile vedersi riconoscere oltre 15mila euro.

«La giurisprudenza – specifica il dottor Pantano – ha stabilito che i professionisti che devono versare l’Irap sono coloro che hanno più di un dipendente che svolgono mansioni non meramente esecutive e che posseggono beni strumentali in eccesso rispetto a quelli che sono strettamente necessari per lo svolgimento dell’attività».

La Cassazione ha infatti stabilito (sentenze 9451/2016, 7291/2016 e 7371/2016) che possono accedere ai rimborsi tutti i professionisti con un unico dipendente che svolga con orario full time mansioni meramente esecutive o di segreteria. Nel caso in cui segretari o infermieri lavorino ad orario part-time, sono esenti dall’Irap anche i camici bianchi con due dipendenti. Allo stesso modo, non devono versare l’Irap i medici professionisti che svolgono l’attività in forma associativa in convenzione con il Servizio sanitario nazionale. Come sottolineato da Pantano, altro requisito fondamentale per poter accedere all’azione risarcitoria è lavorare in uno studio medico attrezzato solo con la strumentazione necessaria per l’attività.

Tuttavia, nonostante i requisiti siano oramai chiari, sono molti i commercialisti che hanno continuato a far pagare l’Irap a medici che non dovrebbero versarla. «Sinceramente mi aspettavo una maggiore attenzione dei commercialisti al rispetto delle nuove normative», è il commento di Pantano. Chiunque ritenga di rientrare nella categoria degli esentati e si rispecchia nella descrizione dei requisiti, ha dunque il diritto a recuperare quanto ingiustamente versato. È possibile infatti presentare la dichiarazione integrativa a favore del contribuente, introdotta lo scorso anno con il decreto fiscale 193/2006, fino alla scadenza del termine di decadenza dell’azione accertatrice. Una delle principali conseguenze di questo provvedimento è l’allungamento del periodo in cui si può andare a ritroso per ottenere il credito, che passa da quattro a cinque anni.

«I documenti da presentare – spiega ancora Pantano – sono i modelli Irap dell’ultimo quinquennio con relativi F24 e un’autocertificazione attestante notizie relative, ad esempio, al numero dei dipendenti, alle attività che svolgono e con quale orario di lavoro e di quali beni strumentali si dispone per lo svolgimento dell’attività».

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