Più attenzione alla salute della donna significa anche più tutele e pari dignità per le lavoratrici della sanità. Cosa c’è ancora da fare lo ha spiegato bene la presidente Fimeuc, Fabiola Fini
Il 22 aprile di ogni anno è il giorno dedicato alla Salute della donna, vista a 360 gradi. Fatta anche di maggiore attenzione alle patologie legate quasi esclusivamente alle donne, ma anche a una concentrazione maggiore della ricerca sulle differenze di genere. Con l’aumento progressivo della componente femminile nel Sistema sanitario nazionale, si potrà raggiungere una sempre maggiore inclusione e considerazione delle problematiche femminili in un rapporto di conseguenzialità ben chiaro.
Prima però, il problema di una professione medica uguale per uomini e donne deve essere affrontato con chiarezza. Lo chiede Fabiola Fini, presidente Fimeuc, che nel suo intervento alla Conferenza nazionale si è concentrata proprio su queste esigenze, che ha poi condiviso con Sanità Informazione.
«Il campo medico è sempre più donna – ha spiegato – sicuramente nei prossimi quattro o cinque anni supereranno gli iscritti agli albi dei relativi colleghi maschi. Quello che noi vediamo non è una mancanza di tutele o di norme nel riconoscimento del proprio lavoro o l’accesso alla professione, ma vediamo che il problema riguarda i compiti apicali. Per cui nonostante il lavoro delle donne venga altamente riconosciuto, nonostante la grande professionalità, la capacità di superare i conflitti, quella di ottimizzare le risorse vediamo comunque numeri molto contenuti per quanto riguarda le donne direttrici di struttura o generali».
«Questo ci fa pensare – ha proseguito Fini – che una pari dignità non esista così come un pari riconoscimento economico, questo legato al fatto che la donna medico ha sulle proprie spalle anche tutto il carico della famiglia, dei più fragili e quindi nel suo rapportarsi è tenuta a svolgere non solo il proprio lavoro ma a rapportarsi con quelli che sono i bisogni e i contatti con la famiglia. Questo comporta anche la difficoltà ad accedere a degli impegni accessori, che portano a numerose ulteriori risorse. Viene quindi anche penalizzata dal punto di vista economico rispetto al collega che opera normalmente nell’ambito sanitario. Questa cosa va superata: la donna ha bisogno di modalità di lavoro più fruibili ed elastiche come tempo ridotto senza danno economico».
Solo il 2% delle donne medico in Italia usufruisce dell’orario ridotto mentre lo standard europeo è al 30%, noi dobbiamo fare in modo che questo lavoro flessibile sia utilizzabile dalle donne senza danni economiche e che ci sia anche la chiarezza che questo utilizzo di lavoro flessibile non comporti l’impossibilità a procedere verso un percorso di carriera.
«C’è inoltre necessità – ha concluso – di maggiori tutele della gravidanza intesa come possibilità della donna di essere sostituita e di mettersi in maternità, ma significa anche un obbligo a sostituirla ed evitare che il carico di lavoro di una donna a casa venga scaricato su colleghi già gravati da carenza di personale. La possibilità di usufruire di strumenti che favoriscono un maggior contatto tra lavoro e famiglia: asili nido che nel 90% non sono presenti nelle strutture ospedaliere».
«Questo è un sistema che penalizza le donne medico, la loro carriera e la loro retribuzione, creando dei danni anche a livello pensionistico. Noi vorremmo raggiungere posizioni di vertice nell’organizzazione aziendale non più degli uomini ma al pari degli uomini. Noi siamo sempre più disponibili ad aver riconosciuti dei diritti senza sopraffare quelli degli altri».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato