Il presidente del CIC sottolinea come i contenziosi medici-pazienti siano, insieme al blocco del turn over e alla difficoltà nella formazione, uno dei motivi per cui molti medici non scelgono questa specializzazione
I dati parlano chiaro: nei prossimi anni l’Italia andrà incontro a una grave carenza di specialisti. Colpa dei pensionamenti ma anche del famoso ‘imbuto formativo’ che impedisce a tanti laureati di accedere alla specializzazione. Ancora più delicata la situazione dei chirurghi, una professione sempre meno attrattiva: l’aumento dei contenziosi, i ritardi nella formazione e le sirene che vengono dall’estero sono tra i principali motivi del rischio ‘estinzione’ di questa categoria. «Da noi i chirurghi diventano chirurghi oltre i 40 anni, negli altri paesi a 30 anni sono pronti», ricorda a Sanità Informazione Filippo La Torre, presidente del Collegio Italiano dei Chirurghi, che annovera tra le principali problematiche da risolvere anche il blocco del turn over e le normative che bloccano il ruolo degli specializzandi. E, poi, l’aumento dei contenziosi. E su questo La Torre guarda con favore all’idea di istituire una camera di compensazione, un Arbitrato della Salute, come promosso da una petizione online che sta raccogliendo migliaia di firme, che possa diminuire il numero di cause e consentire ai medici di vivere con più serenità la loro professione. «La legge Gelli – spiega La Torre – doveva costituire un momento di caduta di questo meccanismo. Non lo è stata purtroppo, nonostante noi ci avessimo creduto tantissimo. La camera di compensazione potrebbe essere un sistema. Secondo me il Ministro dovrebbe pronunciarsi sul tema in maniera particolarmente rigorosa».
Cosa si può fare per rendere più attrattiva la professione del chirurgo? Perché oggi c’è questa carenza?
«È stato fatto tanto per rendere questa professione bellissima poco affascinante. In questi anni la professione ha incontrato molti ostacoli: dai contenziosi medico-legali ai ritardi nelle assunzioni con i blocchi del turn over e alle difficoltà nella formazione del chirurgo con la creazione di lacci e lacciuoli con i ruoli degli specializzandi. L’attrazione degli altri Paesi europei e degli Stati Uniti è diventata molto più forte rispetto alla sanità, pur di eccellenza, del nostro Paese. Da noi i chirurghi diventano chirurghi oltre i 40 anni, negli altri paesi a 30 anni sono fatti. Questo vuol dire che abbiamo lavorato male. Per rendere attrattiva la professione dovremo cercare di smontare questi lacci che ho appena lanciato».
C’è una petizione in questi giorni sul tema del contenzioso, l’idea di una camera di compensazione che possa in qualche modo ridurre il contenzioso. Lei come la valuta?
«Il Collegio dei chirurghi ha lavorato moltissimo su questo. Quattro anni fa facemmo uno spot sull’argomento dopo che c’era stata la prima ondata di spot fatta dagli studi legali per cercare di rendere attrattiva la denuncia verso il personale sanitario, verso le aziende sanitarie. La legge Gelli doveva costituire un momento di caduta di questo meccanismo, non lo è stata purtroppo, nonostante noi ci avessimo creduto tantissimo. La camera di compensazione potrebbe essere un sistema, secondo me il Ministro dovrebbe pronunciarsi sul tema in maniera particolarmente rigorosa perché questo non è un attacco al personale sanitario ma un attacco verso il Sistema sanitario nazionale».