Lavoro e Professioni 24 Novembre 2017 13:54

Legge di Bilancio, sindacati medici sul piede di guerra per tagli e rinnovo contratti

«La mortificazione della professione» così le sigle sindacali definiscono la Legge di Bilancio 2018 che «definanzia nettamente la sanità pubblica»

Legge di Bilancio, sindacati medici sul piede di guerra per tagli e rinnovo contratti

«La Legge di Bilancio 2018 si mostra avara nei confronti dei Medici, dei Veterinari, dei Dirigenti sanitari dipendenti del SSN, del loro lavoro, della Sanità pubblica esclusa dalla ripresa economica». Così in un comunicato ANAAO ASSOMED – CIMO – AAROI-EMAC – FP CGIL Medici e Dirigenti SSN – FVM – FASSID (AIPAC-AUPI-SIMET-SINAFO-SNR) – CISL Medici – FESMED – ANPO-ASCOTI-FIALS Medici – UIL FPL Coordinamento Nazionale Delle Aree Contrattuali Medica e Veterinaria.

«Sul fronte del finanziamento – proseguono le associazioni – di parte corrente del SSN per il 2018, la disponibilità reale di risorse, a fronte di un incremento nominale di 1 miliardo, è inferiore a 400 milioni, del tutto inadeguata a garantire i nuovi LEA e l’incidenza dei costi contrattuali. Il FSN, di poco superiore a 113 miliardi, rimane ancora al di sotto della media UE ed all’ultimo posto tra i paesi del G7, insufficiente a promuovere la innovazione tecnologica ed organizzativa, il necessario ricambio generazionale, lo sviluppo e la valorizzazione delle risorse umane. L’entità delle risorse messe a disposizione del CCNL per il triennio 2016-2018, il cui finanziamento, peraltro, privo di un riferimento specifico all’interno della Legge di Bilancio,è praticamente affidato alla approvazione della imposta sulle sigarette, non è tale da arrestare l’impoverimento e la dilagante demotivazione professionale o migliorare condizioni di lavoro incompatibili con livelli retributivi inchiodati al 2010. Per quanto riusciamo oggi a capire, l’incremento medio mensile netto è vicino ai mitici 80 euro, a regime, nel 2018. Per i quali, con un atto di indirizzo ancora prigioniero dei Ministeri, le Regioni chiedono orario di lavoro minimo,deroghe alla normativa europea, autofinanziamento della flessibilità organizzativa, marginalizzazione delle relazioni sindacali».

«E procedono senza pudore nella demolizione dei contratti precedenti e nel saccheggio delle nostre risorse accessorie, oggi inferiori a quelle pattuite nel 2010, congelando la indennità di esclusività di rapporto ai valori del 1999, raccontando di volere valorizzare il merito ed incentivare la produttività. Attraverso blocchi e tagli abbiamo pagato un alto prezzo al risanamento dei conti pubblici, in termini di valore assoluto, potere d’acquisto delle retribuzioni e delle pensioni, riduzione e precarizzazione della occupazione peggioramento delle condizioni di lavoro, non al punto, però, per il Governo, da evitare l’innalzamento della età di quiescenza come altre categorie del mondo sanitario – aggiungono -. Mentre le assunzioni e le stabilizzazioni di precari, annunciate con grandi squilli di trombe, appaiono ancora incerte nei tempi e nelle procedure, dotate di stanziamenti esigui rispetto al numero degli aventi diritto ed alle necessità delle dotazioni organiche, ed i precari di lungo corso della ricerca sono ancora in attesa di soluzioni non punitive. Insomma, non si intravvedono le condizioni ed i tempi per una uscita reale da 8 anni di blocco contrattuale. Eppure, se la sanità pubblica ancora regge, dopo avere perso 9.000 medici e dirigenti sanitari nell’ultimo triennio, è grazie a chi è rimasto in corsia e nei servizi. Nonostante la scure dei tagli lineari sugli organici, sulle strutture semplici e complesse, sui fondi, sui posti letto. Nonostante ritmi e turni di lavoro con mancato rispetto delle pause e dei riposi, milioni di ore lavorate non retribuite e non recuperabili, ferie non godute, innalzamento dell’età media dei medici al vertice mondiale, lavoro notturno oltre i 65 anni. Nonostante l’abuso di contratti atipici e la dilagante precarizzazione del lavoro, che rende una intera generazione terreno di coltura per caporali pubblici e privati, unica alternativa alla fuga dal Paese, non a caso sestuplicata negli ultimi 5 anni».

«È il momento di spiegare ai cittadini che i LEA non sono collocati in un virtuale self service della sanità pubblica, separabili da abilità e competenze professionali che, come le nostre, fanno la differenza tra la salute e la malattia e, non di rado, tra la vita e la morte, e che il diritto alla cura non è scindibile dal diritto a curare in dignitose condizioni di lavoro e di esercizio professionale. Senza di noi i LEA semplicemente non esistono, perché il cuore della sanità pubblica sono i suoi professionisti, ed i Medici in particolare, un capitale umano insostituibile che il Governo espelle dalle politiche di bilancio, se non come camici nelle cui tasche affondare le mani o scudi umani nei conflitti con le Regioni».

«Cari Colleghi, non possiamo guardare come spettatori disinteressati al perseverante definanziamento della sanità pubblica in cui insiste il diritto alla salute dei cittadini e tanta parte della nostra vita professionale. Né subire, con lo stallo delle trattative contrattuali, una ulteriore proroga, di fatto, di un blocco in atto da 8 anni, contestuale al continuo saccheggio dei nostri fondi accessori ed alla mortificazione della nostra professione. Non intendiamo rinunciare a reclamare un diverso valore, anche salariale, del nostro lavoro, che riporti i medici, e non chi governa il sistema, a decidere sulle necessità del malato. Abbiamo richiesto un confronto urgente con il Ministro della Salute e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, perché il problema è politico ed il Governo deve farsene carico, come ha fatto per altri settori del pubblico impiego. Saranno convocate nei prossimi giorni Assemblee in tutte le aziende sanitarie, come campagna di ascolto per il contratto ed operazione verità sui fondi aziendali, ed una riunione congiunta degli Esecutivi Nazionali a Roma il 30 novembre presso la Sala Capranichetta a Piazza Montecitorio cui affidare la programmazione di una o più giornate di Sciopero nazionale tra dicembre 2017 e febbraio 2018.
– Per la sanità pubblica, il diritto alla cura, il diritto a curare.
– Per un Contratto di lavoro che valorizzi la nostra attività ed il nostro ruolo a garanzia di servizi di qualità per i cittadini.
– Per la fine della precarietà e nuova occupazione.
– Per una civile e forte difesa delle nostre professioni, della loro autonomia e dei loro legittimi interessi.
– Contro le fallimentari scelte politiche riguardanti il SSN ed i nostri destini professionali messe in atto da questo Governo e da quelli che lo hanno preceduto».

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