Il presidente del XVIII Congresso dell’Associazione Ginecologi Extra Ospedalieri: «Con chirurghi plastici, ortopedici e anestesisti siamo i professionisti più a rischio contenzioso». Aumenta disaffezione alla professione: «Recenti bandi di concorso andati deserti o quasi»
«Non esistono ginecologi di serie A e di serie B. La laurea conseguita dai liberi professionisti è uguale a quella dei medici del Sistema Sanitario Nazionale. Nel momento in cui il ginecologo si adegua alle normative, rispetta le linee guida, i buoni consigli, segue la medicina basata sull’evidenza, deve avere gli stessi diritti e gli stessi doveri dei suoi colleghi – anche da un punto di vista legale e di responsabilità civile e professionale – a prescindere dal luogo della sua professione, che sia una struttura pubblica o privata». Sono critiche le parole di Roberto Senatori che, in qualità di presidente del XVIII Congresso Nazionale dell’Associazione Ginecologi Extra Ospedalieri (Ageo), racconta le difficoltà che ancora permangono per i medici liberi professionisti nonostante l’emanazione di nuove normative. L’Ageo ha dedicato un’intera sessione del suo ultimo Congresso, tenutosi in questi giorni a Roma nella cornice della “Domus Circo Massimo”, ai temi della medicina legale, da segnalare la tavola rotonda con l’intervento dell’avvocato Marco Tortorella, esperto nella tutela legale della categoria medica, sul tema della tutela assicurativa dei ginecologi.
«La legge Gelli – ha continuato Senatori – è stato un passo importantissimo. Ha modificato la concezione della responsabilità professionale del ginecologo». Ma non di tutti: «Ha cambiato la realtà dei medici che lavorano per il Sistema Sanitario Nazionale all’interno di una struttura pubblica – ha aggiunto il presidente del XVIII Congresso Ageo – di coloro che indossano una casacca, una divisa, che intorno a sé hanno un reparto che li tutela».
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E per il libero professionista? «Non è cambiato niente – ha risposto Senatori -. Lo specialista che lavora in un regime libero professionale instaura un rapporto di tipo contrattuale con la donna che lo sceglie. La sua paziente si affida a lui, ma nello stesso tempo, se qualcosa non dovesse andare secondo le sue aspettative, la signora avrà 10 anni di tempo per denunciare il suo ginecologo. Dal canto suo, il medico per tutelarsi ed esercitare serenamente deve dotarsi di una polizza assicurativa che abbia un decennio di retroattività. E credo – ha sottolineato Senatori – che nessun paziente sia realmente informato su quello che noi paghiamo per poter assistere le gravide e i loro parti. Si tratta di polizze che ogni anno ci costano dai 15 ai 18 mila euro, difficilmente rinnovabili qualora sia abbia un sinistro, dove per sinistro non si intende la condanna, poiché quasi mai ci si arriva, ma la semplice notifica di un problema».
Una situazione che riguarda diverse branche della medicina e che sempre più specialisti preferiscono evitare, piuttosto che affrontare. «Noi ginecologi, con i chirurghi plastici, gli ortopedici e gli anestesisti siamo i professionisti statisticamente più a rischio. E non escludo che questo possa essere uno dei motivi che allontana molti colleghi dallo scegliere queste specializzazioni». Quelle di Roberto Senatori non sono semplici supposizioni, lo specialista racconta ai microfoni di Sanità Informazione alcuni avvenimenti recenti: «Vorrei che fosse noto – ha sottolineato – che ultimamente ci sono stati dei bandi di concorso per ginecologi e ostetrici, nelle Regioni del nord Italia, andati deserti o a cui si è presentato un iscritto su tre».
Non è una questione solo di responsabilità professionale, ma anche di rapporto medico-paziente, modificatosi negli ultimi anni. «Oggi la donna non vuole più un figlio sano, vuole un figlio perfetto. E questo – ha detto Senatori – è molto difficile, poiché l’evento parto non è programmabile in tutte le sue caratteristiche. Il nostro dovere è di cura, non necessariamente di guarigione. Ma allo stesso tempo, in qualità di medici di fiducia, scelti liberamente dalle pazienti, dobbiamo avere la possibilità di svolgere pienamente il nostro lavoro, prevenendo e riducendo le emergenze della sala parto, urgenze che poi – ha concluso il presidente del XVIII Congresso Ageo – rappresentano la principale causa di contenzioso medico-legale».