Come farsi largo in un sistema gratificante ma estremamente selettivo
Welcome to London… e ora? Sono sempre di più i medici italiani, soprattutto i giovani, a tentare di dare una svolta alla loro carriera professionale volando in Inghilterra.
Una sorta di Eldorado per i camici bianchi che nel regno di Sua Maestà vanno a caccia del riscatto o di quelle opportunità che l’Italia non riesce a concedere. Ma la vita oltre Manica del medico emigrante non è certo tutta in discesa. Il sistema sanitario inglese è sì gratificante, ma anche estremamente duro.
Non basta aver studiato la lingua, bisogna conoscere anche lo slang medico e la pioggia di acronimi usati in corsia: non essere reattivi, soprattutto in momenti critici, potrebbe costar caro. Altrettanto importante è prepararsi a capire e ad adeguarsi ad una sanità completamente diversa da quella italiana: l’umiltà è considerata un punto di forza notevole dei camici bianchi, che devono dimostrarsi pronti a sporcarsi le mani ed a sopportare fisicamente e mentalmente il regime lavorativo. Gli italiani che lavorano nel Regno Unito trovano le principali difficoltà nelle dissonanze esistenti tra i due sistemi sanitari, soprattutto per quel che riguarda i medici di base: quelli londinesi prescrivono con parsimonia farmaci e consulti specialistici e spesso si sostituiscono ai pediatri. Ma circolando per gli ospedali britannici si percepisce una maggiore flessibilità e tempi d’attesa circostanziati. La ricerca medica è ben sviluppata grazie anche ai fondi presenti, e poi il personale è gentile e competente anche grazie a una marcata trasmissione della cultura.
Ci sono, in definitiva, i presupposti per lavorare e per farlo bene. E anche lontani migliaia di chilometri ci si può sentire sempre a casa visto che, attraverso la rete internet ed i social network, i medici italiani “fanno gruppo”, si aiutano l’uno con l’altro dispensando, consigli per ambientarsi e per fronteggiare tutti quegli ostacoli che, una volta superati, spianano prospettive decisamente interessanti.