Lavoro e Professioni 19 Gennaio 2021 10:59

Logopedia neonatale: così si passa dall’alimentazione artificiale alla naturale

Panizzolo (logopedista): «Imparare ad alimentarsi per via orale è uno dei criteri raccomandati per le dimissioni dalla Tin. Durante i follow-up periodici necessario il controllo logopedico per monitorare l’evoluzione cognitiva, comunicativa e linguistica del bambino»

di Isabella Faggiano

Neonati prematuri che hanno perso il riflesso della suzione o che hanno riportato danni neurologici alla nascita. Altri affetti da malattie cardio-respiratorie o particolari sindromi, come quella di Down o Pierre Robin. Tutti piccoli che, a causa della loro complessa situazione di salute, non riescono a nutrirsi per via naturale, come farebbe istintivamente qualsiasi altro bambino. Difficoltà che, fortunatamente, può essere affrontata e superata grazie all’aiuto del logopedista neonatale, «un professionista esperto – spiega Sara Panizzolo, logopedista del Monaldi di Napoli, consigliere della Federazione Logopedisti Italiani e presidente dell’albo di Napoli-Benevento-Avellino-Caserta – in grado di valutare e trattare i neonati con disfagia».

I neonati più a rischio

I problemi di disfagia si presentano più frequentemente in tutti quei bambini che, per prematurità o patologie complesse, hanno difficoltà a passare da una alimentazione artificiale (parenterale o enterale) ad una di tipo naturale. «Tra questi – spiega la logopedista – ci sono i neonati prematuri che, a causa di manovre invasive salvavita come intubazione, ventilazione assistita, sondino naso o oro-gastrico, hanno perso il riflesso primario di suzione non nutritiva. Ancora, neonati affetti da malattie cardio-respiratorie che non riescono a coordinare suzione e deglutizione con la respirazione o che, affaticandosi, non sono in grado di completare il pasto. Complicanze che possono presentarsi anche in bambini sottoposti ad interventi chirurgici ad esofago, stomaco o intestino. Altri piccoli pazienti, invece, non presentano suzione e deglutizione spontanea a causa di specifici danni neurologici. I neonati sindromici, poi, affetti ad esempio da sindrome di Down o Pierre Robin, possono essere generalmente caratterizzati da malformazioni cranio facciali e ipotonia».

Un esempio pratico di logopedia neonatale

Un neonato che non possiede la capacità di suzione, incapace non solo di nutrirsi per via orale, ma anche di succhiare il ciuccio, può essere aiutato con un training quotidiano. «In questo caso – spiega Panizzolo – si propone un trattamento denominato genericamente Oral Motor Intervention (OMI), ossia un trattamento di stimolazione di guance, labbra, lingua, gengive e palato, attraverso carezze, sfioramenti, massaggi, picchiettamenti e lievi pressioni. L’intervento impostato dal logopedista deve essere ripetuto più volte dalla madre, precedentemente addestrata, durante tutto l’arco della giornata. Il trattamento mira a normalizzare la sensibilità, evocare i riflessi orali, migliorare il tono e la forza muscolare degli organi deputati all’alimentazione».

Logopedia neonatale, presente solo in 2 ospedali su 10

«Imparare ad alimentarsi per via orale in maniera sicura, efficace e indipendente -continua la logopedista – è uno dei criteri raccomandati per le dimissioni del neonato dalla Terapia intensiva neonatale (American Accademy of Pediatrics -Position Statement 2008-2011). Questa difficoltà rappresenta, ancora oggi, una delle cause più frequenti di dimissione posticipata, con aumento della spesa per il SSN e dei costi emotivi per il neonato, la madre e l’intera famiglia. Secondo la più recente indagine di ISS, SIN e SINPIA il logopedista è presente in meno del 22% delle Terapie intensive neonatali italiane».

L’importanza della continuità assistenziale

Ma anche laddove presente, è necessario che la logopedia rappresenti l’inizio di un percorso assistenziale che continui nel tempo, sia per mantenere le abilità acquisite, sia per rispondere alle nuove esigenze del bambino, dallo svezzamento fino alla masticazione. «È fondamentale – dice la logopedista – che a questi neonati fragili sia garantita un’adeguata continuità assistenziale anche quando non avranno più bisogno di cure ospedaliere. Durante i follow-up periodici – conclude la specialista – è fortemente raccomandato inserire anche quello logopedico per monitorare l’evoluzione cognitiva, comunicativa e linguistica del bambino».

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