L’intervista a Cecilia Moreschi (teatroterapista) e Giorgia Salemi (logopedista): «La logoteatroterapia utilizza il teatro non come fine ma come mezzo. Gli esercizi, consigliati tra gli 8 e i 14 anni, sono adatti a tutti, soprattutto a chi soffre di disturbi legati all’apprendimento, ritardo linguistico o cognitivo, difficoltà prassico-motorie e autismo»
A chi non è mai capitato di voler premere il tasto stop o rewind per fermare il tempo, tornare indietro e cambiare il finale di una situazione? Almeno una volta sarà stato il desiderio di tutti. Eppure, nessuno ha mai potuto esaudirlo. «Ma se nella vita reale si può solo improvvisare – spiega Cecilia Moreschi, teatroterapista e docente di teatroterapia all’università Sapienza di Roma – sul palcoscenico all’estemporaneità ci si può allenare». Non si tratta di un teatro qualunque: il luogo ideale è il palco in cui è la logoteatroterapia, l’unione di logopedia e teatroterapia, a guidare la scena. «La logoteatroterapia – spiega Moreschi – utilizza il teatro non come fine ma come mezzo. La recitazione teatrale è una delle forme d’arte più comunicative ed espressive che esista, avvalendosi sia della comunicazione linguistica che del linguaggio che del corpo».
La logoteatroterapia è nata da un’idea della stessa Cecilia Moreschi che, nei suoi venti anni di esperienza, grazie all’aiuto dei professionisti (logopedisti, musicoterapisti, psicologi e medici) del centro di Audiofonologopedia di Roma e dei tirocinanti del master in Arteterapia della Sapienza, ha fuso la teatroterapia con la logopedia. «Una pratica consolidata nel Centro romano da circa un decennio – racconta Moreschi -, ma a cui da 4 anni è stato dato il nome specifico di logoteatroterapia, appellativo che ad ottobre di quest’anno è stato messo anche nero su bianco grazie ad una mia pubblicazione, un testo semplice che, attraverso dei giochi pratici, è adatto a tutti».
«La logoteatroterapia è utile a potenziare la comunicazione, sia linguistica che non verbale – spiega Giorgia Salemi, logopedista e docente di logopedia all’università Sapienza di Roma -. Migliora la memoria e la gestione della propria emotività: chi si cimenta nella logoteatroterapia è guidato al superamento dei propri limiti, impara a gestire se stesso all’interno di uno spazio ed in relazione con l’altro. Anche se la pratica è di gruppo, il numero dei terapisti è sempre pari a quello dei partecipanti».
Attraverso il teatro ci si allena alla vita. «S’impara a guardarsi negli occhi, ad ascoltare ciò che ci viene detto, a capire non solo le parole del nostro interlocutore, ma anche il linguaggio del corpo, le emozioni. È solo attraverso questa comprensione piena – specifica Cecilia Moreschi – che siamo in grado di formulare risposte adeguate». Facciamo alcuni esempi: «Si può inscenare un dialogo con la propria madre, con l’insegnante o un compagno di scuola e mettere in pausa nel momento in cui qualcosa non va proprio come avremmo voluto. Fermarci a riflettere – sottolinea la teatroterapista – ci permette di cercare il modo più efficace di comunicare ciò che realmente avremmo voluto esprimere. Sul palco, mentre ci si allena all’improvvisazione, è possibile tornare indietro di qualche battuta o ricominciare da capo».
Ma c’è di più: attraverso la logoteatroterapia possiamo imparare a metterci nei panni dell’altro. «Non di rado, proponiamo una vera e propria inversione di ruolo: il bambino scontento del rapporto con il suo professore potrà interpretare la parte del docente, provando così ad osservare l’accaduto dalla prospettiva dell’adulto. Allo stesso modo, ascoltando la sua parte recitata da una terza persona, potrà scoprire che, ad una determinata situazione, non esiste un unico modo di reagire».
«La logoteatroterapia è indicata prevalentemente dagli 8 ai 14 anni, ma nulla impedisce di creare gruppi con bambini più piccoli o ragazzi più grandi. Gli esercizi sono particolarmente adatti a coloro che hanno disturbi legati all’apprendimento, ritardi di linguaggio o cognitivi, difficoltà prassico-motorie, autismo», commenta Giorgia Salemi. E quando ognuno dei partecipanti sarà ben allenato all’improvvisazione, allora sarà pronto anche a recitare un copione: «Il percorso – racconta la logoteatroterapista – culmina, di solito, in un’esibizione teatrale di fine anno, una serata in cui ognuno avrà la possibilità di mostrare agli altri i propri miglioramenti e le nuove abilità acquisite».
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