Il presidente di Medibordo Paolo Cremonesi: «Grave carenza, i medici sono disincentivati da una normativa anacronistica e lungaggini amministrative. E gli stipendi non sono più competitivi con chi sta a terra»
A compromettere i viaggi di centinaia di italiani quest’anno potrebbe non essere il Covid ma l’impossibilità di trovare i medici di bordo sulle navi. Un problema non da poco, visto che parliamo di una figura professionale obbligatoria e imprescindibile per svolgere i servizi di collegamento di tutti i traghetti che trasportano più di 500 persone e navigano porto a porto più di sei ore. E sulle navi da crociera non ne basta uno, ma c’è bisogno di due o tre medici, vista la quantità di viaggiatori.
Eppure, in Italia c’è una grave carenza di medici di bordo sia per le navi da crociera che per i traghetti, già segnalata da tempo al ministero della Salute dalle associazioni di categoria che denunciano assurde barriere di ingresso alla professione per un farraginoso sistema di regole di fine ‘800. «La situazione in cui devono essere reclutati ed operare i medici di bordo è anacronistica. C’è una legislatura vecchissima – spiega Paolo Cremonesi, presidente dell’associazione nazionale dei medici di bordo (Medibordo) -, facciamo riferimento spesso a decreti del 1895 e 1897».
In Italia, esistono due categorie di medici di bordo: i supplenti, che ad oggi sono 479, e gli abilitati, ad oggi a quota 251. «Sono molto pochi – precisa il presidente – perché non tutti lavorano a tempo pieno. Possono infatti trascorrere in navigazione massimo otto mesi all’anno. Alcuni lavorano solo qualche mese l’anno a bordo e il numero è già di per sé ridotto e molto risicato».
Per diventare medico di bordo abilitato ufficiale governativo di sanità bisogna fare un concorso abilitante a Roma al ministero della Salute, almeno ogni 5 anni. L’ultimo è slittato di due anni causa Covid. «Fare questo concorso è totalmente anacronistico – aggiunge stizzito Cremonesi -. Bisogna andare a Roma almeno tre volte e ripetere ciò che il medico ha già fatto nella sua vita professionale per diventare medico e per essere abilitato: rifare esami di chirurgia, ginecologia, igiene, due lingue straniere e legislatura internazionale. Un esame lungo, sballato, che dura otto mesi, totalmente inutile. I medici sono disincentivati a fare il medico di bordo da queste lungaggini amministrative che hanno anche costi economici».
Per diventare supplente, invece, bisogna fare domanda al Ministero e rispettare alcune prerogative: frequenza obbligatoria presso laboratorio d’igiene, reparti di ginecologia, chirurgia e pronto soccorso.
E non è finita qui. Una volta che il medico è diventato abilitato o supplente deve iscriversi in capitaneria per avere il libretto di navigazione e poi frequentare altri corsi per poter salire a bordo come antincendio e sopravvivenza. «Il nostro ministero della Salute deve aggiornarsi subito, l’Italia è stato l’ultimo paese ad adeguare la normativa per diventare medico di bordo. I medici non tollerano più questo iter per poter salire a bordo – aggiunge Cremonesi -. Con il Covid, non c’è più l’esame di stato per i laureati. Chi è laureato è già abilitato. Bene, facciamo lo stesso per i medici di bordo utilizzando la procedura d’urgenza Covid per chi lo richiede. Al massimo, si può fare un colloquio sull’igiene navale, la legislatura e la lingua inglese».
L’Associazione nazionale dei medici di bordo richiede allora non solo la modifica delle norme per il reclutamento, ma anche l’aumento degli stipendi: «Le compagnie di navigazione devono capire che con la carenza dei medici in Italia gli stipendi non sono più adeguati. Rende di più fare il medico vaccinatore che andare a bordo. Chi sta a bordo, ormai, ha uno stipendio non più competitivo con chi sta a terra. Se le varie compagnie di navigazione non rendono lo stipendio interessante, raddoppiandolo, i medici non ci vanno più» conclude.
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