Il Segretario della Federazione Italiana Medici di Famiglia spiega ai nostri microfoni qual è la principale urgenza da affrontare. Poi interviene sul regionalismo differenziato: «La variazione dell’assetto attuale può aumentare differenze tra Regioni»
«I medici di famiglia sono l’unica categoria che non ha visto una rivalutazione della propria retribuzione, quindi la mia busta paga è identica a quella del 2010. È un’urgenza che va assolutamente risolta». Così il Segretario della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Famiglia), Silvestro Scotti, si è espresso ai nostri microfoni sul problema del mancato adeguamento della busta paga del medico di famiglia. «I famosi tre mesi – continua Scotti – sono tre mesi per il consenso della medicina di famiglia? Non credo che questo Paese possa andare avanti senza considerare le ragioni di chi non le urla me che sono così evidenti che vanno per forza ascoltate». E sul regionalismo differenziato: «E’ indubbio che la variazione dell’attuale assetto possa determinare un aumento delle diseguaglianze».
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Segretario Scotti, sentivamo poco fa nell’intervento del presidente Cossolo un richiamo al regionalismo. Sosteneva che già adesso, per quanto riguarda le farmacie, esiste una regionalizzazione, ma non vorremmo che questa ipotesi di riforma potesse spostare ancora di più la distribuzione del farmaco e far sì, ad esempio, che in alcune Regioni si trovino determinati farmaci e in altre no.
«Nel momento in cui le decisioni circa il modello di regolamentazione sui farmaci, e quindi di conseguenza sulla prescrizione degli stessi, oltre che i modelli contrattuali delle singole categorie possono essere spostati a livello regionale, la variazione dell’attuale assetto possa determinare un aumento delle diseguaglianze. Questo è indubbio.
Per quanto riguarda invece la contrattualità, anche per la medicina di famiglia e in generale per i convenzionati, è da anni che sostengo che non esiste più un contratto nazionale ma un contratto pluriregionale. Il problema è piuttosto capire se il regionalismo differenziato si sia proiettato nell’idea di garantire il minimum data set di sintesi nazionale. Questo non l’ho sentito dire da nessuno e per questo sono molto preoccupato. Formalmente la derivazione organizzativa del Titolo V alle Regioni permette a queste di organizzare già oggi i servizi in maniera coerente con i territori che rappresentano.
Fare oggi le spese standard, le spese storiche, ovvero quando alcune Regioni hanno avuto un buon management di vari anni che ha razionalizzato la spesa a fronte di altre che non lo hanno fatto, solidifica ancora di più quelle Regioni rispetto alle altre a cui evidentemente non è bastato neanche il commissariamento. Quindi sì, ci sono delle responsabilità locali, ma evidentemente ci sono anche delle colpe a livello nazionale se neanche i piani di rientro e i commissariamenti hanno funzionato».
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Veniamo invece ad un tema più legato alla FIMMG. Voi avete iniziato a dialogare in Sisac per il rinnovo della convenzione. Quali sono i punti al centro dell’attenzione e le sue aspettative in termini di tempo?
«Il nodo principale è che i medici di famiglia sono, in questo momento, l’unica categoria che non sta percependo un adeguamento del proprio reddito a quella che è la situazione attuale. Noi siamo fermi con le buste paga del 2010. Formalmente abbiamo percepito gli arretrati con l’ultima chiusura parziale del contratto 16-18 fino al 2017 ma quell’arretrato non è stato reso corrente. Ergo la mia busta paga è esattamente identica a quella del gennaio 2010.
In questi anni si chiede ai medici di famiglia di partecipare di più e attivamente e di investire di più su se stessi anche nella capacità di intercettare le patologie croniche, ma come si fa a chiedere a qualcuno, il cui reddito ricordiamolo serve per le spese nell’autonoma organizzazione dello studio, di investire quando formalmente gli aumenti dei beni di consumo, dei contratti dei propri dipendenti, tutto insomma è stato rideterminato tranne che la propria busta paga. È chiaro che questa è un’urgenza che va risolta. Quindi i famosi tre mesi sono tre mesi per il consenso della medicina di famiglia? Non credo che questo Paese possa andare avanti senza considerare le ragioni di chi non le urla me che sono così evidenti che vanno per forza ascoltate.
A latere di questo ci sono dei nodi contrattuali che vanno affrontati. Noi cercheremo di portare l’attenzione sul concetto di microequipe e quindi dell’allargamento della possibilità di copertura e di pazienti con l’assistenza di altre figure professionali, infermieri e collaboratori di studio. Qui però siamo in casa dei farmacisti, quindi verrebbe da dire anche rispetto alla possibilità di progetti in economia di scala che siano correlati a quanto già previsto per legge nell’articolo 8 della legge 502, che prevede nelle convenzioni dei farmacisti, dei medici di famiglia e dei pediatri modelli che chiariscano come questi soggetti possano collaborare sul territorio per migliorare l’assistenza ai cittadini. Su questo ci aspettiamo qualche risposta, almeno un sì o un no».