Il vicesegretario nazionale della Federazione: «Ad oggi non ci sono le condizioni per sviluppare la figura dell’infermiere di famiglia». E sull’autonomia differenziata: «Non peggiori ulteriormente le differenze tra le diverse realtà regionali»
Un collaboratore di studio per ogni medico di famiglia. È questo uno dei punti chiave su cui la Fimmg sta lavorando in vista del rinnovo della convenzione. Mettere quindi a disposizione del cittadino un «medico della persona» e «un professionista che possa svolgere al meglio quei compiti indispensabili che riguardano la prevenzione, la presa in carico della patologia cronica e delle malattie dell’età, dei pazienti anziani e dei servizi sociali, che in questo momento fanno fatica a trovare un punto di riferimento unico». Così Fiorenzo Corti, vicesegretario nazionale della Fimmg, spiega ai nostri microfoni l’ambizioso progetto, che si inserisce in un quadro più ampio volto a migliorare i servizi alla persona e a strutturare l’assistenza territoriale, che vede al centro la figura del medico di famiglia. «Dobbiamo sanare le differenze tra i territori e le professioni – spiega Corti -, e trovare una modalità per cui tutti insieme riusciamo a migliorare un Servizio sanitario nazionale che, stanziando 1800 euro l’anno per ogni cittadino, riesce ad ottenere dei risultati splendidi e a fornire dei servizi che in questo momento non riesce a dare nessuno».
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E il medico di famiglia? Che ruolo ricoprirà nei prossimi anni?
«Il nostro problema è che l’assistenza territoriale non è ancora strutturata come dovrebbe. Tutte le leggi che si sono succedute per cercare di modificarla non hanno ottenuto questo risultato. In questo momento come Fimmg stiamo lavorando affinché nella nuova convenzione ci sia finalmente la possibilità di mettere a disposizione dei cittadini il medico della persona, il medico che ascolta i pazienti, e al suo fianco un collaboratore di studio che svolga compiti importanti, che ad oggi non hanno un punto di riferimento unico. Ecco, il medico di famiglia su questo deve metterci la faccia, deve metterci il suo lavoro».
Parla di una sorta di infermiere di famiglia, come propone la Federazione nazionale delle professioni infermieristiche?
«Dunque, l’infermiere di famiglia ci sarà e farà delle cose meravigliose, ma bisogna tener conto di una serie di contesti che in questo momento ancora non permettono di sviluppare questa figura. Una figura che comunque noi pensiamo sia importante, che dovrà stringere un’alleanza e un confronto stretto con il medico di famiglia».
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Secondo lei quale sarebbe l’impatto del regionalismo differenziato sulla medicina generale?
«Tenendo in considerazione che si tratta di dare attuazione ad un articolo della Costituzione della Repubblica, l’autonomia differenziata non deve peggiorare ulteriormente le differenze tra le diverse realtà regionali. Noi lavoriamo perché il Servizio sanitario possa offrire a tutta la popolazione gli stessi servizi, e in questo momento il medico di famiglia è un punto di riferimento importante. E mentre alcune figure sono diverse da regione a regione, il medico di famiglia ha una convenzione nazionale unica valida su tutta la Penisola e offre lo stesso servizio a tutti i cittadini».