I dati Aire certificano l’impennata di partenze. I nostri camici bianchi ormai integrati e funzionali nel sistema sanitario britannico (NHS)
Che gli italiani siano un popolo di viaggiatori non è solo un luogo comune. Lo testimonia la storia di migliaia di connazionali partiti in cerca di nuove avventure, sfide appassionanti o – caso più frequente – di opportunità lavorative. È una storia che ciclicamente si ripete raggiungendo picchi elevati.
Come sta avvenendo in questo periodo di forte recessione. Grazie ai progressi della tecnologia, ai giorni nostri, il fenomeno può essere quantificato con estrema precisione e persino analizzato scientificamente nelle sue sfaccettature.
Così grazie all’ultimo Rapporto Italiani nel Mondo 2014 della fondazione Migrantes (AIRE), si scopre nel 2013 quasi 95mila italiani hanno lasciato il Paese, facendo rotta soprattutto verso il Regno Unito, dove solo nei primi mesi del 2014 si sono contati 12.933 nuovi iscritti all’anagrafe degli italiani all’estero. La percentuale di crescita, rispetto allo scorso anno, è pari al 71,5%. A partire sono sempre più medici. È possibile tracciare anche un preciso identikit di chi lascia l’Italia: sono uomini non sposati tra i 18 ed i 34 anni (ma la percentuale è alta anche dai 35 ai 49 anni) e provengono dal nord. Secondo uno studio pubblicato di recente dal General Medical Council, dal 2008 a oggi in Inghilterra sono raddoppiati i medici provenienti da Italia, Grecia e Romania, arrivando a essere il 14% del totale: nel Regno Unito un medico su sette è straniero.
Prima o dopo la specializzazione si vola a Londra, puntando sulla possibilità che offre un sistema sanitario selettivo ma meritocratico. Ci sono contratti e garanzie, standard elevati di formazione, opportunità di carriera e, senza starci a girare troppo attorno, retribuzioni appaganti: In Inghilterra lo stipendio di un medico di base può superare i 100mila euro all’anno, i medici specializzati anche solo con un anno di contratto in ospedale possono arrivare a 125mila euro con 37 ore lavorative, a cui si aggiungono i turni di guardia, conteggiati a parte. Un vero e proprio paradiso. Per gli italiani di sicuro. Non lo è invece, a sorpresa, per gli inglesi: dal 2008 ad oggi sono almeno 15mila camici bianchi che hanno salutato il Regno Unito, preferendo Nuova Zelanda e Australia.
Gli italiani, insomma, stanno aiutando la sanità del Regno Unito a tamponare quell’emorragia che ha portato di recente il National Health Service a lanciare un allarme, che ha trovato sponda sui tabloid inglesi infilandosi anche nel già infiammato dibattito apertosi in vista delle elezioni del prossimo anno.