Il direttore generale dell’Associazione, Simona Gori: “Faremo di tutto per garantire ai medici italiani la possibilità di operare in piena serenità oltre frontiera”
Per quanto a noi possibile, faremo di tutto per garantire ai medici italiani la possibilità di operare in piena serenità oltre frontiera, interagendo e collaborando eventualmente con le istituzioni preposte”. È questo l’impegno che assume Simona Gori, Direttore Generale di Consulcesi, la più importante associazione medica del nostro Paese e tra le principali in Europa, in relazione alla vicenda che sta preoccupando e non poco decine di professionisti sanitari “transfrontalieri”.
Ma ricostruiamo la vicenda. Pochi giorni fa i cittadini svizzeri sono stati chiamati a partecipare ad un referendum in cui veniva loro chiesto se volessero o meno modificare la Costituzione federale per introdurre “tetti massimi annuali” nel numero di lavoratori provenienti dall’estero e diretti in territorio elvetico. Il 50,3 per cento degli aventi diritto ha dato il suo consenso a questa modifica. Ciò significa che i cittadini non svizzeri avranno molte più difficoltà rispetto a prima a lavorare in territorio elvetico.
In aggiunta a tutto questo, non molto tempo fa l’Ufficio Sanità ticinese ha stabilito che i Good Professional Standings, ovvero i certificati redatti dal Ministero della Salute italiano necessari per valutare la qualità di un medico, non possono più essere accettati perché basati su un’autodichiarazione. Ciò non avveniva solo pochi mesi fa, quando il documento era fornito dagli ordini professionali provinciali. La conseguenza è che 150 camici bianchi italiani non possono più esercitare in Svizzera.
Su questa chiusura nei confronti dei professionisti sanitari italiani, Sanità Informazione aveva chiesto un parere a Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano, il quale ha confermato di essersi subito attivato nei confronti delle autorità svizzere per tentare di risolvere la situazione.
“Seguiamo da vicino la vicenda anche perché – aggiunge Simona Gori, a nome dell’Associazione che rappresenta, ad oggi, oltre 50.000 associati – oltre alla struttura operante nel nostro Paese, gestiamo un’importante sede proprio nel Canton Ticino. In questi giorni stiamo aprendo linee di comunicazione e collaborazione con le istituzioni locali al fine di risolvere la questione nel migliore dei modi”.