Lavoro e Professioni 29 Aprile 2020 15:15

Medici vittime del Covid-19, la Fondazione Onaosi offre assistenza a tutti i loro orfani

L’ente, con il supporto dell’Associazione Mogli Medici Italiani, estende i suoi servizi anche ai figli dei camici bianchi non contribuenti deceduti a causa del virus

Nell’epidemia di Covid-19 che da più di due mesi sta falcidiando il nostro Paese la classe degli operatori sanitari sta pagando un prezzo altissimo in termini di vittime, a fronte di un impegno senza sosta e, troppo spesso, senza le armi adatte per combattere una guerra. Un tributo di vite umane reso sul campo che conta ad oggi oltre centocinquanta medici morti. E se il peso sociale di queste perdite impone una riflessione sulle politiche perseguite negli ultimi decenni nei confronti del comparto sanitario italiano, cionondimeno è importante fare i conti con la sfera più intima della vicenda, con i drammi familiari che questi lutti portano con sè: vedove e vedovi, figli improvvisamente orfani, famiglie mutilate nell’affetto più caro e, in molti casi, della principale fonte di sostentamento economico.

La fondazione ONAOSI (Opera Nazionale per l’Assistenza agli Orfani dei Sanitari Italiani), è un ente senza scopo di lucro istituito che da quasi 150 anni garantisce tutela e istruzione ai figli dei sanitari italiani deceduti. Una mission che, con l’emergenza Coronavirus, si è allargata per estendere i propri servizi anche agli orfani dei medici vittime del Covid, anche se non contribuenti della fondazione, a cui è data la possibilità di ricevere ospitalità gratuita presso il Collegio ONAOSI di Perugia ed essere assistiti dal personale e dai tutor della fondazione, come già avviene per i ragazzi già presenti nelle strutture della fondazione. Attualmente, infatti, sono oltre 3500 i ragazzi assistiti e nelle 12 strutture formative distribuite in 8 città italiane (Bologna, Messina, Milano, Napoli, Padova, Pavia, Perugia e Torino).

LEGGI ANCHE: COVID-19, PIU DI 100 I MEDICI DECEDUTI. ANELLI (FNOMCeO): «LA PROFESSIONE PIANGE I SUOI MORTI E LOTTA PER PROTEGGERE COLLEGHI E CITTADINI»

«Vedere tanti colleghi, tra cui alcuni richiamati dalla pensione, morire compiendo il loro dovere istituzionale con tutele assolutamente inadeguate, ci ha moralmente imposto di intervenire, per tenere fede ai principi di solidarietà e mutuo soccorso che da sempre animano la Fondazione – spiega ai nostri microfoni il presidente Onaosi Serafino Zucchelli -. Abbiamo preso questa decisione superando i limiti imposti dal nostro Statuto e dalle nostre finanze che prevedono l’erogazione dei servizi di assistenza solo ai figli dei sanitari contribuenti, obbligatori o volontari, che versano ogni mese una quota del loro stipendio». Si tratta di una platea già vastissima, che conta 143mila contribuenti su un totale di oltre 300mila persone che costituiscono la categoria.

Un’iniziativa importante resa possibile anche grazie al supporto dell’AMMI, l’Associazione Mogli Medici Italiani, da sempre impegnata e attiva nel sostenere la ricerca scientifica e la prevenzione, nel promuovere l’innovazione nella medicina di genere, e in importanti iniziative di tipo sociale e ambientalistico, con una forte presenza anche nelle scuole. Una realtà di cui ormai non fanno più parte solo le mogli dei medici, ma che si è allargata a tutte le donne che svolgono professioni sanitarie. «Collaboriamo da decenni con l’Onaosi – afferma la presidente AMMI Michela d’Errico Alfieri – e ne condividiamo le finalità solidaristiche e di mutuo soccorso. Attraverso il fondo Orfani “StyraCampos” istituito dalla nostra associazione abbiamo fatto una donazione da destinare all’assistenza degli orfani dei sanitari non contribuenti morti per Covid-19. Abbiamo voluto – continua – dare un segnale forte del nostro impegno e della nostra vicinanza alle famiglie dei medici coinvolte in questo dramma».

Un’altra iniziativa messa in campo da Onaosi nella lotta all’epidemia è stata l’aver devoluto 30mila euro alle Regioni più colpite dall’infezione per l’acquisto di dispositivi destinati alla protezione dei sanitari italiani che stanno operando nelle strutture sanitarie di Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Marche e Umbria. La Fondazione inoltre ha tenuto aperti tutti i suoi collegi e i centri formativi – compresi i giorni di Pasqua – per consentire l’ospitalità ai ragazzi consentendo loro di rimanere in un ambiente sicuro e protetto mentre i genitori erano impegnati in prima linea.

 

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