Lavoro e Professioni 8 Ottobre 2021 18:03

Medicina di Genere, Ferro (SitI): «Necessario investire su formazione, comunicazione e ricerca»

Il webinar della Società Italiana di Igiene fa il punto sulla questione e indica tre vie per promuovere l’argomento

Medicina di Genere, Ferro (SitI): «Necessario investire su formazione, comunicazione e ricerca»

Il nostro Servizio Sanitario Nazionale garantisce il mantenimento e il recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio stesso. Ma nella pratica, quanto si tiene conto delle differenze di genere per arrivare a una reale parità ed equità? In altre parole, la tutela della salute tiene conto della Medicina di Genere? Questo l’interrogativo dell’omonimo webinar organizzato ieri dalla SitI (Società Italiana di Igiene), che ha visto la partecipazione dei rappresentanti delle Istituzioni, del Servizio Sanitario Nazionale, degli Ordini Professionali e delle Società Scientifiche. Un incontro per fare il punto sullo stato dell’arte e contemporaneamente accendere un faro sulla necessità che in sanità le analisi dei bisogni, la pianificazione ed organizzazione dei servizi e valutazione dei risultati sia sempre improntata a una prospettiva di genere.

«Le differenze di genere si alimentano per gap culturali, socio-economici e lavorativi – ha esordito Mara Morini, responsabile scientifico del Convegno nonché coordinatrice nazionale per la SItI del Gruppo di Lavoro “Primary Health Care” –.  Ne è un esempio quanto successo in corso di pandemia: 90mila sono i posti di lavoro persi in Italia dalle donne in Italia a dicembre 2020 (dati Istat) e -5% la perdita di occupazione femminile nel mondo calcolata da OMS, rispetto al 3,9% di flessione per gli uomini».

Più specificamente, come sottolineato da Fulvia Signani, psicologa e sociologa componente dell’Osservatorio Nazionale Medicina di Genere: «Esistono disparità di sesso e di genere nelle risposte diagnostiche e terapeutiche in epidemiologia, fisiopatologia, manifestazioni cliniche, progressione della malattia e risposta al trattamento. Sesso e genere sono modificatori delle principali cause di morte e morbilità, e i costrutti sociali di genere influenzano il comportamento della comunità, dei medici e dei pazienti nel sistema sanitario. È necessario quindi formare gli studenti di medicina e i medici nello sviluppo di competenze per percepire le differenze di genere esistenti al fine di fornire la miglior cura al paziente”.

Una panoramica legislativa sul tema è stata offerta dall’intervento della senatrice Paola Boldrini, che ha menzionato l’adozione a livello nazionale del Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere, previsto dall’articolo 3 della L.3/2018, frutto dell’impegno congiunto del Ministero della Salute e del Centro di riferimento per la MdG dell’Istituto Superiore di Sanità, con la collaborazione di un Tavolo tecnico-scientifico di esperti regionali in MdG e dei referenti per la MdG della rete degli IRCCS, nonché AIFA e AGENAS. Il 13 giugno 2019, firma del Piano, rappresenta una data importante che pone l’Italia all’avanguardia in Europa in questo campo.

L’Assessore al Diritto alla Salute e Sanità della Regione Toscana, Simone Bezzini, è intervenuto con una descrizione delle attività svolte dal 2014, quali l’istituzione del Centro di Coordinamento Regionale per la Salute e la Medicina di Genere (MdG) inseriti nel piano Socio-Sanitario. Così come, a seguire, l’attuale coordinatrice del gruppo, Morjgan Azadegan, ha evidenziato un modello che pone sicuramente questa regione tra le più avanzate sull’argomento avendo creato una rete territoriale che opera in costante raccordo con i settori regionali competenti in materia di programmazione e organizzazione delle cure, qualità dei servizi, ricerca, innovazione, risorse umane, prevenzione e farmaceutica con le altre strutture del Governo Clinico regionale. Inoltre, per l’applicazione del Piano oltre alla rete organizzativa ha individuato indicatori stratificati per genere da inserire nella raccolta ed elaborazione dei flussi informativi e nella formulazione dei budget sanitari.

«I determinanti della salute si distribuiscono anch’essi per genere, quale ad esempio l’istruzione e le performance scolastiche che determinano poi maggiori fattori di rischio – ha spiegato Alessandra Buja (Università di Padova), che nel suo intervento ha messo in rilievo alcuni dati emersi da studi internazionali che dimostrano quanto l’argomento sia fondamentale per chi opera nella disciplina dell’igiene e prevenzione e nelle decisioni di pianificazione e organizzazione dei servizi. «È stato dimostrato che i pazienti seguiti da internisti donne hanno rischi di decesso inferiore a chi è seguito da internisti uomini, così come i pazienti operati da chirurghi donna. Secondo uno studio americano, se gli uomini performassero come le donne ogni anno negli USA si avrebbero 32mila morti in meno. Le donne hanno infatti maggiore compliance verso l’evidence based medicine e sono più portate per la risoluzione dei problemi complessi, oltre ad avere una maggiore attitudine a mettere il paziente al centro, all’organizzazione e alla disciplina. Per quanto riguarda invece l’efficienza, gli studi evidenziano che il rapporto tra prestazioni e risorse è a favore degli uomini, che si dimostrano più produttivi sia a livello chirurgico che internistico. Questo dato, in fase di pianificazione risorse, va bilanciato ovviamente con gli altri aspetti, tenendo conto ad esempio che, sempre secondo gli studi, gli uomini sono più a rischio di contenziosi e provvedimenti disciplinari. Se pensiamo poi all’equità della presa in carico, non possiamo non citare un esempio lampante, e cioè che i DPI, i medical device e gli strumenti chirurgici sono fabbricati per un target fisionomico maschile».

Per quanto riguarda la conoscenza della medicina di genere da parte degli operatori sanitari, Stefano Benini, in rappresentanza del Governo Clinico dell’ASL di Bologna, ha riportato un’indagine sulla conoscenza della Medicina di Genere che è stata rivolta a 8446 dipendenti delle aziende sanitarie bolognesi: hanno risposto in 2080 e il 55% ha risposto di conoscere l’argomento, ma certo non in modo esaustivo e complessivamente l’indagine dimostra che è necessario promuovere fortemente una conoscenza e formazione.

Claudio Cricelli, Presidente SIMG (Società Italiana di Medicina Generale), ribadisce la crescita dei Medici di Medicina Generale di sesso femminile e ha presentato le potenzialità dei dati in possesso della medicina generale per comprendere outcome quali letalità e mortalità, ad esempio in corso di pandemia, avendo un bacino di circa 44.000 professionisti che ha dimostrato che a fronte di una letalità covid che colpisce maggiormente le donne poi ha maggiori decessi tra gli uomini. Il sesso maschile presenta maggiori fattori di rischio (ischemia miocardica in particolare), un fattore che potrebbe spiegare la maggiore mortalità.

Infine, il Presidente della Società Italiana di Igiene (SItI) Antonio Ferro ha indicato «tre vie per promuovere l’argomento: la necessità di formazione/aggiornamento per far acquisire ai professionisti della sanità consapevolezza dell’importanza del tema; una comunicazione su canali tradizionali e sui nuovi canali social, fino alla promozione della ricerca con bandi e successivi workshop».

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