Quattro esami del primo anno stabiliranno chi entra a Medicina e chi no. Dal 2020, se il Miur darà l’assenso, a Ferrara ci sarà un semestre propedeutico ad accesso libero e poi, in base alla media degli esami, l’accesso alla Facoltà. Il Rettore a Sanità informazione: «C’è un gran bisogno di metter mano all’accesso a Medicina»
«C’è un gran bisogno di metter mano sia all’accesso a Medicina, che dimostra tutti i suoi limiti, sia al post-laurea: tra un po’ ci troveremo con una grave carenza di dirigenti medici. Bisogna fare in fretta». È preoccupato il Rettore dell’Università di Ferrara Giorgio Zauli che, proprio per far fronte a questo problema, ha deciso di farsi portabandiera di una ‘rivoluzione’ nell’accesso alla Facoltà alla Medicina dell’ateneo estense: quest’anno infatti ha chiesto e ottenuto 600 posti a Medicina (seconda solo a La Sapienza di Roma) contro i 183 dello scorso anno accademico. «In attesa dell’autorizzazione del Miur, diamo il via a una pre-sperimentazione per l’accesso universitario».
La sperimentazione, che Zauli si augura possa partire dall’anno accademico 2020-2021, prevede un semestre comune accessibile a tutti e poi una scrematura a febbraio-marzo in base ai voti conseguiti ai test scritti di Fisica medica, Biologia, Istologia e Anatomia umana 1. «Noi abbiamo proposto l’ingresso alla Facoltà di Medicina con un valore soglia di 27 trentesimi. Quest’anno vediamo la percentuale di superamento di questi esami e la media per stabilire qual è la soglia più ragionevole da sperimentare l’anno prossimo». La proposta di Zauli ha trovato il plauso del vicepremier Matteo Salvini e di molti esponenti della Lega, ma in qualche modo va nella direzione indicata dal deputato M5S Manuel Tuzi, relatore della legge sulla riforma dell’accesso all’università: «Anche lì è stato inserito il concetto della soglia: questo è il punto comune tra la mia proposta e quella che è in Parlamento. La differenza è che noi riteniamo che la selezione si debba fare alla fine del primo semestre, mentre il Ddl dovrebbe prevedere che la selezione avvenga alla fine del primo anno». Il Ddl potrebbe portare dunque a una radicale revisione dell’istituto del test di ingresso e dell’istituto del “numero chiuso”, da sempre molto contestato dagli studenti che lo ritengono ingiusto e limitante, tanto che numerosi sono ogni anno i ricorsi per irregolarità.
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Rettore, lei è stato il primo a mettere in discussione il numero chiuso e a lanciare una sperimentazione nella sua università. A che punto siamo?
«Quest’anno a noi sono stati attribuiti 600 posti per Medicina, però l’accordo che stiamo raggiungendo con il Miur prevede che l’anno accademico in corso, 2019-2020, costituisca una sorta di pre-sperimentazione: c’erano dei nodi da sciogliere e così abbiamo aspettare ancora un anno per la proposta del Ministero. Noi abbiamo proposto l’ingresso alla Facoltà di Medicina con un valore soglia di 27 trentesimi. Un’agenzia esterna valuterà gli esami di quattro materie che sono Fisica medica, Biologia, Istologia e Anatomia umana 1 e la soglia sulla base della quale ci orienteremo per l’anno prossimo dipenderà dalla percentuale di successo e di superamento di questi 4 esami da parte degli studenti dell’anno accademico 2019-2020. In pratica quest’anno non usciamo dal sistema, il Ministero vuole vedere se siamo in grado di gestire 600 studenti. E soprattutto cerchiamo di capire anche noi: ci siamo impegnati a mandare un effort al Ministero a febbraio–marzo per proporre la soglia più ragionevole per l’accesso all’anno accademico 2020-2021».
Dunque si parte quest’anno con una sorta di monitoraggio…
«La chiamerei una fase di pre-sperimentazione. Io ho trovato anche ragionevole la proposta del Ministero: dimostrami che non è troppo stringente o troppo facile la media di 27/30 oppure tariamo. Quest’anno saranno semplici esami, ma dal prossimo costituiranno prova di ammissione».
Quindi dal prossimo anno, almeno all’inizio, non ci sarà un limite di ingresso a Medicina…
«Dal 2020, se la sperimentazione andrà a regime, entreranno quelli per cui c’è la disponibilità massima dell’università. La massima per Ferrara sono 600 studenti. C’è il tema della laurea abilitante, dei tirocini. Più di così non riusciremmo, a meno che con ulteriori accordi riuscissimo ad ampliare la capacità soprattutto dei tirocini del terzo anno. L’anno prossimo verranno messi a disposizione questi posti, però l’immatricolazione vera e propria avverrà alla fine del corso propedeutico, che sostanzialmente è il primo semestre».
Allora quest’anno ci sarà il test anche da voi.
«Quest’anno rimaniamo nel sistema, avendo però introdotto una serie di elementi di novità nel corso di studi. Prima gli esami erano orali, adesso abbiamo adattato tutto il percorso in maniera propedeutica alla sperimentazione».
La sua sperimentazione, che ha avuto anche il plauso del ministro Salvini, si avvicina al Ddl che verrà presentato a settembre alla Camera…
«Devo dire che c’è stata grande attenzione da parte delle forze politiche, soprattutto dalla Lega. Oltre al ministro Salvini, ci ha supportato il senatore Pizzoni, presidente della 7ª Commissione Istruzione pubblica e Beni culturali. Ma anche il sottosegretario alla Salute Armando Bartolazzi ed il relatore del Ddl Manuel Tuzi hanno dimostrato molta attenzione. Da quello che mi pare di aver capito, anche nel Ddl è stato inserito il concetto della soglia: questo è il punto comune tra la mia proposta e quella che è in Parlamento. La differenza è che noi riteniamo che la selezione si debba fare alla fine del primo semestre, mentre il Ddl dovrebbe prevedere che la selezione avvenga alla fine del primo anno. Però ci sono elementi comuni, coma la possibilità di riconoscere i crediti maturati anche negli altri corsi come Biologia, Farmacia, ecc. Io avevo detto all’onorevole Tuzi che fare un anno comune presuppone il rimettere mano agli ordinamenti, che non è una cosa né automatica né che si può facilmente imporre alle università. Ma c’è un gran bisogno di metter mano sia all’accesso a Medicina, che dimostra tutti i suoi limiti, sia al post-laurea: è stato fatto qualcosa con il decreto Calabria, però bisogna far di più. Bisogna pensare anche a dei contratti paralleli formazione-lavoro, responsabilità crescenti che affianchino il percorso delle specializzazioni, perché tra un po’ ci troveremo con una scarsità di dirigenti medici che metterà a repentaglio il sistema. La situazione è grave e bisogna fare in fretta».
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