Il Presidente della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni spiega ai nostri microfoni quali sono i benefici di un corretto approccio al processo migratorio: «Gli operatori sanitari devono essere addestrati adeguatamente ad affrontare qualsiasi situazione». E aggiunge: «La capacità di curare gruppi di popolazione più vulnerabili fa crescere anche la qualità dei servizi forniti agli “autoctoni”»
«Formazione del personale sanitario e corretta comunicazione». Sono queste, secondo Maurizio Marceca, Presidente della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, due tra le armi più importanti a disposizione del Servizio sanitario nazionale per combattere, per quanto possibile, la tragedia dei fenomeni migratori e di tutte le sue implicazioni sociali e sanitarie, almeno sul territorio Italiano. Il Presidente Marceca spiega ai nostri microfoni che entrambi questi aspetti sono «decisivi perché tutte le trasformazioni sociali richiedono una riflessione, un approfondimento: noi abbiamo a che fare con migranti da oltre 30 anni, ma è evidente che per molte persone l’attuale fenomeno migratorio ha delle caratteristiche peculiari che preoccupano. Per questo – continua Marceca – dobbiamo riuscire a contestualizzare il fenomeno nel modo più corretto».
Ed è qui che entra in gioco la corretta comunicazione nei confronti dei cittadini, utile per «trasmettere a tutti quali sono le valutazioni in ambito sanitario che siamo in grado di fare a livello scientifico sui migranti, cercando di evitare – spiega – la ripetizione di dinamiche di manzoniana memoria come il “dalli all’untore”, che purtroppo sono abbastanza automatiche in questi casi». È necessario dunque comunicare correttamente qual è lo stato di salute e le condizioni sanitarie di chi arriva da altri Paesi per scappare da una guerra o dalla povertà assoluta. Ma è «ancor più rilevante – spiega Marceca – la formazione dei professionisti sanitari: i migranti vengono a contatto con una pluralità di operatori interessati a diverso titolo dal fenomeno, ed è importante che ognuno di loro sia stato addestrato adeguatamente su quelle che sono le caratteristiche del fenomeno migratorio e sulle specificità in termini di esposizione a malattie. Devo dire – confida Marceca – che, per quanto riguarda la nostra esperienza, tutto questo produce entusiasmo nei professionisti con cui veniamo in contatto, non reazioni negative. E per questo io, che sono un docente universitario, credo veramente che la formazione sia una strategia fondamentale per migliorare la salute delle persone». Non solo dei migranti, ma anche di chiunque viva in Italia: «La capacità di offrire a gruppi di popolazione più vulnerabili adeguate risposte, fa aumentare anche la qualità dei servizi forniti agli “autoctoni”, al resto della popolazione italiana. Si tratta dunque di un investimento che tocca tutti, e che dunque non può essere considerato un privilegio per pochi. È caratteristica del nostro sistema – conclude Marceca – quella di essere sempre attenti alla salute di qualunque persona sia presente sul nostro territorio, indipendentemente dalle sue caratteristiche o dal suo status giuridico, in perfetta coerenza con quanto sancito dalla nostra Costituzione»