Sulle pagine di Starbene il presidente della principale realtà di tutela del settore medico commenta il preoccupante avvenire della Medicina Generale italiana: «Entro 10 anni il 70% di loro andrà in pensione. Senza ricambio generazionale il numero totale rischia di assottigliarsi troppo»
I numeri di oggi, di per sé, non sarebbero neanche così allarmanti. Secondo Eurostat il numero di medici di Medicina Generale in Italia è infatti nella media, se non addirittura superiore a Paesi come Francia e Germania. Il problema però è che «nel giro di 10 anni il 70% di loro andrà in pensione» e, senza un «ricambio generazionale adeguato, il numero totale rischia di assottigliarsi troppo». A parlare è Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi, dalle pagine di Starbene, sito di approfondimento sui temi della salute e del benessere.
«Da diverso tempo – continua Tortorella nell’articolo scritto da Valentino Maimone –, in questo ramo della medicina c’è una netta crisi di vocazioni, dovuta soprattutto a una disparità di trattamento economico, previdenziale e assicurativo tra i medici cosiddetti generici in formazione e gli specializzandi in tutte le altre discipline».
Tortorella aggiunge che «durante il corso triennale che devono seguire per ottenere il relativo attestato, i primi guadagnano 11mila euro l’anno lordi, senza le normali tutele dei contratti di lavoro (come la gravidanza retribuita); i secondi, invece, dispongono di borse di studio non tassate da 25-27mila euro l’anno, più i contributi e un’assicurazione. In queste condizioni – spiega il presidente di Consulcesi – diventa molto difficile, per un neolaureato, scegliere la medicina generale invece di una qualsiasi altra specializzazione».
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Per questi motivi, dunque, esisterebbe una notevole disparità di trattamento che nasce dalla mancata attuazione delle normative dell’Ue in materia. Queste, infatti, imporrebbero – in linea teorica – condizioni uguali per tutti. La conseguenza? Una valanga di cause di risarcimento nei confronti dello Stato, che puntualmente le perde.