Andrea Mangiagalli coordinatore della frangia milanese che ha raccolto oltre 570 adesioni in pochi giorni spiega le ragioni di un malessere che parte da lontano: «Qualcuno pensa che noi possiamo fare tutto: esami, visite, telemedicina, amministrazione, senza dimenticare le telefonate che sono in media più di cento al giorno e dunque impossibili da gestire. Per questo siamo stati più volte anche attaccati. Ora vogliamo un confronto con ATS e Regione». L’Ordine dei medici di Brescia incontra le aziende sanitarie territoriali per i problemi più urgenti
Una coccarda gialla sul camice bianco e tanta passione per una professione che non riconoscono più, sono i medici di medicina generale in rivolta, pronti a dare le dimissioni se non ci saranno cambiamenti significativi per la categoria. Il malumore esploso a Brescia nei giorni scorsi sulla stampa locale ha visto protagonisti 550 mmg. Otto su dieci hanno aderito ad un movimento spontaneo non di natura sindacale che ha come obiettivo una riorganizzazione della medicina territoriale.
Un malessere che in realtà cova sotto le ceneri in tutta la regione da tempo. In particolare, l’effetto domino ha in pochi giorni raggiunto Bergamo, Crema, Cremona, Lodi e anche Milano dove sono già 570 le firme raccolte in pochi giorni dai coordinatori del movimento delle coccarde gialle. Andrea Mangiagalli, medico di medicina generale a Pioltello, nell’hinterland milanese, è uno di loro. «Tutto è nato da alcuni colleghi di Brescia e Bergamo, io sto raccogliendo adesioni nel milanese, nel tentativo di avere un confronto ed essere ascoltati da ATS e Regione perché se i problemi sono esplosi con il Covid, in realtà sono presenti da molto tempo prima».
Un malessere trasversale, che si sta diffondendo a macchia d’olio in altre parti d’Italia, come nel Savonese, dove si stanno organizzando sacche del movimento delle coccarde gialle, ma è in Lombardia che ha origine il problema, molto prima del Covid. «Negli ultimi anni la sanità è diventata ospedale-centrica – spiega Mangiagalli – si è puntato molto sulle eccellenze ospedaliere, dimenticando il territorio. Molto di più di quanto è stato fatto dalle regioni vicine come Veneto o Emilia-Romagna o anche lo stesso Piemonte. Non solo, anche la burocrazia è diventata una zavorra per i medici creando una serie di orpelli e incombenze che di clinico e medico hanno poco».
I tagli del personale amministrativo hanno costretto i medici di medicina generale a svolgere compiti impiegatizi, snaturando la loro natura di clinici, creando un danno per i pazienti. «Qualcuno pensa che noi possiamo fare tutto: esami, visite, telemedicina, amministrazione e pulizie comprese. Non può funzionare, senza dimenticare le telefonate che sono in media più di cento al giorno e dunque è impossibile riuscire a rispondere a tutti. Per questo siamo stati anche attaccati». Le criticità accumulate nel tempo sono esplose come una bomba con il Covid quando tutto è diventato troppo veloce e per i medici il carico insopportabile. «Nel giro di cinque anni andranno in pensione molti medici e questo è un altro grave problema al momento non risolvibile – riprende – perché non c’è un numero di laureati sufficiente a coprire il fabbisogno, senza dimenticare che sempre meno laureati scelgono di fare questo percorso professionale perché non è remunerativo (arrivato al tetto dei 1500/1800 pazienti non si va oltre) e non genera avanzamenti di carriera per cui rischia di avere sempre meno adepti. Oggi poi chi fa il medico di medicina generale ha a che fare con gli ultimi, i più fragili, spesso di etnie differenti con problemi di lingua e in aree difficili dove il rischio di subire aggressioni è all’ordine del giorno».
Abbattere la burocrazia con la digitalizzazione e rendere il lavoro più clinico, queste le aspettative del movimento delle coccarde gialle. «Il sistema ha bisogno di altre figure che purtroppo il PNRR non prevede. Si parla di riforma della sanità ma attraverso investimenti strutturali, nuovi macchinari e case della salute. Non è questo il problema – puntualizza Mangiagalli – mancano gli uomini che le facciano funzionare. Per ogni medico ci vorrebbero due infermieri e mezzo, dice l’Europa, e due amministrativi che non ci sono. È necessario un piano straordinario di assunzioni, tenendo conto che gli infermieri già mancano negli ospedali… Il personale amministrativo si può formare, ma devono essere assunti. Tagliare i nastri non basta, occorre riempire di contenuti gli istituti e se si pensa di risolvere il vuoto assumendo i medici di medicina generale a 38 ore la settimana è un errore. Oggi noi lavoriamo molto di più e non siamo sufficienti».
Il movimento che ha scelto una coccarda gialla come simbolo per darsi una identità, si sta organizzando. «Vorremmo essere ascoltati da ATS e Regione e se non dovesse bastare potremmo fare una manifestazione nazionale. Non siamo mai scesi in piazza, la nostra etica non ammette lo sciopero, dobbiamo pensare a qualcosa che non impatti sul servizio, forse però è arrivato il momento di farci sentire. Abbiamo in mano la salute delle persone e se il sistema negli ultimi due anni non ha funzionato, se i green pass non arrivavano, se non c’erano i tamponi non dipendeva da noi».
Mentre il movimento dei medici di medicina generale chiede di essere ascoltato da ATS e Regione, l’Ordine dei Medici di Brescia ha organizzato per il 10 febbraio, un incontro con le aziende sanitarie della provincia per fare un’analisi ed affrontare le situazioni più urgenti. «Dal nostro punto di osservazione abbiamo captato il disagio dei medici di medicina generale, ma anche degli ospedalieri, ancora prima di essere travolti dal Covid – racconta Ottavio Di Stefano, presidente OMCeO Brescia – Ora la situazione è esplosa ed occorre correre ai ripari. Sembra che qualcosa si stia muovendo nel governo con l’impegno di destinare 10 miliardi di euro per incrementare personale e tecnologie in ambito sanitario. I tempi potrebbero essere lunghi, però, allora con l’incontro di domani vogliamo proporre un intervento immediato in alcuni ambiti che, a nostro giudizio, non possono essere rinviati. Tre in particolare: implementazione delle risorse umane in ambito medico ed infermieristico ricorrendo a soluzioni straordinarie, riduzione del carico burocratico riducendolo all’essenziale, comunicazione chiara ed efficace con una campagna informativa verso i cittadini su (situazioni di positività, contatti, quarantena, auto sorveglianza, Green Pass)».
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