«La disparità economica di trattamento tra MMG e specializzandi si fa sentire e questo si ripercuote anche nella concezione del percorso formativo che noi continuiamo a difendere come separato dal corso di specializzazione universitaria» così l’ex segretario di Fimmg Formazione a Sanità Informazione
Dall’accesso alla Facoltà di Medicina a quello per le scuole di specializzazione, il percorso ad ostacoli di un giovane medico in Italia è lungo e faticoso. E «soprattutto subisce minacce provenienti da vari fronti». Noemi Lopes, componente dell’osservatorio giovani professionisti FNOMCeO, nell’intervista a Sanità Informazione, espone con chiarezza e determinazione il suo pensiero sull’attuale situazione degli aspiranti medici italiani a partire dall’imbuto formativo e lavorativo post-laurea fino ad arrivare alla condizione specifica dei futuri medici di base che continuano ad essere discriminati rispetto agli specializzandi.
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Dottoressa, il percorso di un giovane medico in Italia sembra non finire mai.
«Innanzitutto c’è questa estrema carenza di medici, che però, specifichiamo, non è una carenza di medici laureati che in questo momento di fatto ci sono, ma spesso convergono in quello che è un imbuto formativo post-laurea che ha creato questo limbo e questa situazione di precariato; quello che oggi manca sono gli specialisti, perché non c’è un numero adeguato di borse pari al numero di laureati che consenta a tutti i medici che escono dalla Facoltà di Medicina di accedere al completamento della loro professione».
Quanto pesa ancora la disparità economica di trattamento tra il medico di medicina generale in formazione e gli specializzandi?
«Il peso si fa sentire: questo si ripercuote anche nella concezione del percorso formativo che noi continuiamo a difendere come separato dal corso di specializzazione universitaria. Semplicemente per un motivo: sebbene promuoviamo una formazione specifica e specialistica in Medicina generale, è chiaro che non si possa concepire un percorso formativo così poco retribuito che costringa il medico in formazione a viaggiare fuori dalla propria Regione e quindi a dover finanziare una formazione al di fuori del suo territorio. Tra l’altro, ricordiamo che la Medicina generale è una medicina del territorio, è strettamente legata al territorio in cui viene esercitata e questo è anche uno dei motivi che influisce su quella che è la nostra concezione della regionalità della formazione».
Quanto può influire sulla formazione il regionalismo differenziato?
«Il rischio più forte è che si accentuino quelli che sono i dislivelli formativi tra Nord e Sud, perché ad oggi ricordiamo che non esiste un curriculum riconosciuto a livello nazionale con degli obiettivi formativi standardizzati per tutte le Regioni. Per questo motivo, allo stato attuale, ogni Regione segue un programma autonomo; questa continua differenziazione e questa accentuazione della differenziazione potrebbe andare ad influire sia dal punto di vista economico, per quello che è lo stanziamento anche del numero di borse – anche se è pur vero che al Nord c’è una maggiore carenza quindi è giusto che la programmazione preveda che lì venga stanziato il maggior numero di borse – ma il rischio che dobbiamo evitare è che si accrescano questi dislivelli formativi».
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