La norma in questione, che prevede l’obbligo per i neospecializzati di prestare servizio in Veneto per tre anni, è stata impugnata dal Governo. Il Presidente del Veneto incalza il Ministro Speranza: «Con la nostra legge anche le altre regioni saranno invogliate ad investire sulla formazione dei medici». In Veneto la carenza di camici bianchi è di circa 1300 unità: ecco le iniziative per rientrare
«Su questo tema non cerchiamo la rissa ma non possiamo arretrare. Non è possibile che investiamo dei soldi per la formazione dei medici e poi non torni nulla sul territorio». Il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia tiene il punto dopo l’impugnativa del governo davanti alla Corte Costituzionale di due passaggi della legge regionale del 25 novembre 2019: uno è il comma che obbliga lo specializzando titolare di una borsa di studio finanziata dalla Regione a partecipare ai concorsi banditi in Veneto nei cinque anni successivi e, se superati, a prestarvi servizio per almeno tre anni; l’altro, è l’articolo che equipara a quelli del personale delle altre aziende sanitarie venete gli stipendi dei dipendenti dell’Azienda ospedaliera di Padova.
Il passaggio sugli specializzandi ha fatto molto discutere il mondo della sanità e della medicina: gli specializzandi, ad esempio, hanno espresso tutta la loro contrarietà al provvedimento. Ma Zaia non ci sta e ai microfoni di Sanità Informazione difende il suo provvedimento: «Non è assolutamente una iniziativa coercitiva – spiega il Governatore veneto -. Visto e considerato che noi investiamo per 90 borse di studio 14 milioni di euro. Con quei soldi potremmo tranquillamente comprare cinque TAC, dei mammografi o delle risonanze che sarebbero la prova provata che i soldi del Veneto li investiamo sulla sanità del Veneto. Noi siamo per la formazione libera, per la mobilità assoluta per tutti nelle scuole di specialità, però è pur vero che immaginare di investire 14 milioni di euro per la formazione di medici che molto probabilmente non lavoreranno mai in Veneto mi sembra troppo estremo».
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Zaia invita il Ministro della Salute Roberto Speranza ad andare incontro alla prospettiva lanciata dalla sua regione, perché potrebbe essere da stimolo per altre regioni: «Invito il ministro ad affrontare questo dibattito che è nato con il Veneto con l’impugnativa per adottare una norma che vada invece nella direzione di quello che dice il Veneto perché questo incentiverebbe tutte le regioni a investire molto di più. Perché se io ho la certezza che la formazione che pago mi si traduce in medici sul territorio, io ne metto di più di 14 milioni e questo vale per tutti i colleghi. Il problema è che oggi nessuno mette i soldi sulle borse di studio perché non si ha nessuna garanzia che lo specializzato rimanga sul territorio».
Qualcuno però ha tacciato il Presidente Zaia di voler ‘bloccare l’alta formazione’ o di ‘impedire che i nostri medici possano fare esperienze all’estero’. Anche su questo arriva la replica di Zaia che contiene anche un’apertura: «Io sarei anche per fare qualcosa di più. Toglierei i tre anni e lascerei che questi specializzati possano andare all’estero: l’importante che si prendano l’impegno di restituire qualcosa al nostro territorio. Io dico: ‘Andate, nessuno vi obbliga a far subito i tre anni in regione’ ma dico anche che qualche ritorno lo dobbiamo avere. Non si può investire per non portare a casa niente. Io investo 14 milioni per regalare i medici agli altri. Magari non li regalo neanche alle altre regioni italiani ma sono medici che se ne vanno all’estero e poi quando sono all’estero fanno le interviste e dicono che in Italia non funziona nulla. Così non va bene».
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La misura adottata dalla regione Veneto e ora sotto il focus della Corte Costituzionale è anche una risposta al problema della carenza di medici che investe anche la regione Veneto e che ammonta a circa 1300 unità in meno in organico. «Noi abbiamo tenuto bene, siamo quelli dei 500 medici laureati e abilitati non specializzati – aggiunge Zaia -. Stiamo formando e immettendo nei Pronto soccorso e nelle geriatrie già i primi 170, in un contesto non facile. Abbiamo fatto un bell’accordo con i rettori delle università di Verona e Padova per portare gli specializzandi in corsia già dal terzo anno. Son 197 gli specializzandi in corsia di Padova e Verona al terzo anno più i 500 laureati non specializzati: la somma fa 700 unità, io penso che un migliaio di medici li riusciamo a portare nel sistema sanitario regionale nel giro di un paio di anni».
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