Una sentenza del Consiglio di Stato ammette ai corsi della Facoltà di Medicina anche chi segue la strada del ricorso straordinario
Se un candidato ai test di ingresso al primo anno di Medicina non entra e fa ricorso straordinario al presidente della Repubblica può frequentare i corsi fin da subito.
Lo ha deciso il Consiglio di Stato in un parere che fa riferimento al filone di ricorsi partiti a seguito delle prove che hanno avuto luogo lo scorso aprile. In quell’occasione, l’anonimato dei partecipanti al test non era stato garantito a causa di un codice visibile all’esterno della busta. In questo modo i commissari potevano, in via del tutto ipotetica ma comunque concreta, mettere in relazione la prova effettuata con lo studente che l’aveva effettivamente portata a termine.
Con questa nuova decisione proveniente dal Consiglio di Stato si stabilisce che i ricorrenti hanno il diritto di cominciare a frequentare le lezioni al pari dei colleghi che si sono rivolti al Tar, ovvero alla giustizia amministrativa. Questo almeno fino a quando non verrà stabilito se hanno ragione oppure no. Tutti dentro, dunque, in attesa che la giustizia faccia il suo corso. E magari riammetta i candidati ingiustamente esclusi. Un fenomeno che non va giù a chi ha passato i test, secondo cui i riammessi con ricorso verrebbero addirittura trattati meglio degli altri. I ricorsisti, infatti, nella maggioranza dei casi sono stati assegnati ai corsi dell’Ateneo che avevano scelto, mentre tanti “promossi” ai quiz sono stati costretti a spostarsi fuori sede per inseguire il proprio sogno.
Nel modo stabilito dal Consiglio di Stato, comunque, si dovrebbe almeno risparmiare sui risarcimenti decretati alcuni mesi fa dallo stesso organo, che aveva accolto le istanze presentate da due studentesse che avevano partecipato ai test alla Facoltà di Medicina dell’Università di Messina del 2008. Prove che, in un secondo momento, erano state invalidate per alcune irregolarità. Si tratta di una sentenza che ha fatto molto discutere in quanto, oltre alla riammissione per entrambe, per le candidate era stato disposto anche un risarcimento economico (quantificato nella somma, per nulla irrilevante, specialmente se moltiplicata per tutti i possibili ricorrenti, di 10mila euro ciascuna, completamente a carico dell’ateneo) a causa del “ritardato ingresso nel mondo accademico e conseguentemente del lavoro”.
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