Il ministro Giannini guarda al sistema francese mentre Anaao propone un registro per la programmazione
L’ accesso alle facoltà di Medicina e, successivamente, alle scuole di specializzazione è una partita che si gioca su due fronti: da un lato c’è l’esigenza di regolare con criterio il flusso di aspiranti medici affinché questi, una volta concluso il percorso di studi, possano agevolmente essere inseriti nel mondo del lavoro; dall’altro, invece, c’è la necessità di ottimizzare i parametri di accesso e di selezione.
In prima linea il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini che strizza l’occhio ad una soluzione già in uso dai cugini d’Oltralpe. In Francia, infatti, la selezione non viene operata in partenza, ma dal secondo anno in poi: solo gli studenti che superano il primo anno di corso con risultati soddisfacenti possono continuare il percorso di studi in Medicina. L’abolizione dei test è un’idea che lascia perplesso il senatore Amedeo Bianco, presidente FNOMCeO, per il quale “bisogna evitare un rimedio peggiore del male: come potrebbero le Università italiane accogliere un simile bacino d’utenza? E soprattutto, su quali basi si effettuerebbe la selezione?”
Una quadratura del cerchio è necessaria anche per risolvere il problema dell’accesso alle scuole di specializzazione: quest’anno, ad esempio, a fronte dei 10mila studenti in entrata a Medicina, in uscita c’è posto soltanto per 3500 specializzandi. In sostanza, oltre due terzi dei medici italiani si troverebbe inoccupato e, stando alle statistiche, con buone probabilità andrebbe ad aumentare le già corpose fila dei giovani camici bianchi nostrani emigrati all’estero. Sul tema è forte la presa di posizione di Anaao Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri che, tramite una petizione su change.org, chiede l’istituzione di un registro nazionale e pubblico di tutti i medici specialisti con l’obiettivo di una corretta programmazione del numero chiuso e dei contratti di formazione specialistica. Per il consigliere Anaao Domenico Montemurro, infatti, il nodo “non è nella selezione, ma nel sapere di quante e quali forze dispone il sistema salute, quanti escono e quanti, di conseguenza, dovrebbero entrare”.
Proposte sensate, ognuna con relativi pro e contro, nel tentativo di domare una diatriba che ogni anno, a ridosso delle inevitabili polemiche e irregolarità denunciate ai test d’ammissione, infiamma gli animi, istituzionali e non.