Medico e professore di Anatomia Umana, è in disaccordo con molti dei suoi colleghi. E lancia la sua proposta: una preselezione e un meccanismo per cui passa al secondo anno chi ha conseguito i pieni voti accademici, cioè 27/30 nei 5 esami del primo anno entro il 30 settembre dell’anno successivo. Quattro le proposte di legge in discussione alla Camera
«Il numero chiuso va abolito o profondamente riformato». Parola di Giorgio Zauli, Rettore dell’Università di Ferrara, oncologo e professore di Anatomia Umana, che rompe il fronte dei rettori che nelle settimane passate, in buona parte, hanno manifestato la netta contrarietà all’idea di abolire il numero programmato alla Facoltà di Medicina, un’ipotesi su cui sta lavorando la Commissione Cultura della Camera dei Deputati dove pendono quattro proposte di legge in materia. Zauli parla, senza mezzi termini, di «situazione aberrante» e smonta tutte le argomentazioni che alcuni suoi colleghi, a cominciare dai ‘Magnifici’ Eugenio Gaudio (Sapienza) e Giuseppe Novelli Tor Vergata, portano a difesa dell’attuale sistema. «Se ci fosse stato questo test anche io, che mi sono laureato in tempo e con il massimo dei voti, non sarei passato», sottolinea Zauli, che lancia la sua proposta, facendo in parte propria la proposta di Paolo Miccoli, presidente ANVUR (Agenzia Nazionale Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca): un sistema aperto con una preselezione iniziale basata su test psicoattitudinali e colloqui, e poi una scrematura in base al merito: passano al secondo anno di Medicina tutti coloro che hanno conseguito i pieni voti accademici, cioè 27/30 nei cinque esami del primo anno entro il 30 settembre dell’anno successivo. «Rivendico all’università ciò che le compete, cioè selezionare la classe dirigente del Paese e quindi anche i medici», spiega Zauli a Sanità Informazione.
Rettore, perché il test di ingresso a medicina così com’è pensato non va bene?
«Il numero chiuso va abolito o profondamente riformato. Ho fatto il liceo Classico, mi iscrissi a Bologna nel 1979, eravamo in 1200 matricole, mi sono laureato con quasi tutti 30 e 30 lode in 6 anni, ma sono certo che non sarei mai riuscito a superare gli attuali test di ingresso perché sono focalizzati su materie che si va a studiare nel primo anno: matematica, biologia, fisica, oltre ai test di logica. Non può essere un quiz in 60 o 90 minuti che può stabilire quelli che dovranno essere selezionati come futuri medici. La situazione è aberrante. Dunque chi viene dai licei classici o linguistici è sfavorito rispetto a chi viene anche dagli istituti tecnici. Chi ha studiato biologia e chimica è favorito rispetto a chi ha studiato greco, latino e filosofia. Quindi c’è un tema culturale: una volta il liceo classico era il serbatoio delle classi dirigenti, adesso invece addirittura si è svantaggiati rispetto a chi ha fatto altri studi superiori. Poi c’è un aspetto statistico: a Ferrara abbiamo in media 180-200 immatricolati con una richiesta di almeno 7-8 volte superiore. Io parto con il mio gruppo di studenti (180 l’ultimo anno). Poi accade che, per una serie di meccanismi interni al sistema che tende a penalizzare quelle università in cui gli studenti non vanno avanti nel percorso di studi (ci sono una serie di indicatori Anvur a proposito) tendo a portare avanti quelli che si sono fatti entrare. Noi ci siamo immatricolati nel 1979 a Bologna in 1200 e ci siamo laureati in 6 anni in poco più di 100. È vero che c’era dispersione, è anche vero che c’era una selezione migliore».
Alcuni suoi colleghi, come il rettore Gaudio, dicono che è inutile far iscrivere troppi studenti a Medicina perché non si riesce a gestire un numero così elevato di studenti…
«L’obiezione si autocontraddice perché prima della legge istitutiva del numero programmato li gestivamo. La seconda obiezione che faccio io ai test nazionali è che esautora completamente chi dovrebbe davvero fare la selezione, cioè i professori universitari. Io credo che sarebbe molto più opportuno che uno studente venisse selezionato perché supera con buoni voti Anatomia Umana che non perché supera i quiz. Rivendico all’università ciò che le compete, cioè selezionare la classe dirigente del Paese. Altra obiezione: se noi apriamo il numero chiuso creiamo più disoccupati per via del famoso ‘collo di bottiglia’ con le scuole di specializzazione. Anche lì, a mio giudizio una riforma fatta con buone intenzioni ma che ha prodotto distorsioni: c’è una selezione nazionale ma la sanità è gestita dalle regioni. Non possiamo avere un sistema sanitario su base regionale e non sentire le regioni stesse per quanto riguarda l’offerta formativa dei medici specialisti. Poi con l’esame nazionale la gente si focalizza sul fatto che mancano 1000-1500 borse. Se le regioni fossero coinvolte sarebbe ovviabile, perché tu metti le borse che ti servono. Andrebbe ripensata la selezione degli specializzandi con un concorso su base regionale anziché nazionale. Poi il problema è che abbiamo nelle scuole dei tassi di abbandono tra il 10 e il 20%. Un ragazzo che da Messina vince a Ferrara, fa qui un anno poi l’anno dopo ne vince una a casa sua e lascia libero il posto».
Sulla riforma del numero chiuso ci sono quattro disegni di legge alla Camera. Lei come lo cambierebbe?
«Io accolgo con una leggera modifica la proposta del presidente Anvur Miccoli che prevede un semestre formativo aperto a tutti. L’opzione che invece avevo in mente io è non una abolizione della legge 264 del 1999 ma utilizzare un metodo di selezione interno che la legge non esclude. Fare cioè una selezione basata su test psicoattitudinali e colloqui, per mantenere il criterio del ‘numero programmato’ ma che chiaramente garantisca un accesso molto più ampio. Una preselezione. Dopo di che passano al secondo anno di medicina tutti coloro che hanno conseguito i pieni voti accademici, cioè 27/30 nei 5 esami del primo anno entro il 30 settembre dell’anno successivo. Un meccanismo che per certi versi ricorda la proposta di legge presentata dal deputato Paolo Tiramani».
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