Lavoro e Professioni 19 Novembre 2020 13:00

Ocse: «Infermieri vitali, specie quest’anno», ma l’Italia è sotto la media

La denuncia di Fnopi: nel nostro Paese 5,7 infermieri per 1000 abitanti, sotto la media europea

Ocse: «Infermieri vitali, specie quest’anno», ma l’Italia è sotto la media

Aumentano gli infermieri nel 2020 secondo l’Ocse, ma non in Italia. Dai Paesi del nord Europa in cui la quota arriva a 10 infermieri ogni 1000 abitanti, si scende all’8,2 per la media generale, ma si deve arrivare a 5,7 per trovare il nostro Paese. Sul rapporto Health at a Glance Europe di quest’anno, se ne sottolinea il «ruolo fondamentale nel fornire assistenza, ancor più critico durante la pandemia».

Dati alla mano, Fnopi (Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche) parla di una carenza “storica”. Almeno 53mila unità mancanti, in un conto che ha visto 49 decessi e 28mila contagiati con le infezioni da Covid-19. Secondo l’Ocse la domanda per nuovi infermieri dovrebbe continuare a crescere per gli anni a venire, per far fronte all’invecchiamento della popolazione. Mentre, denuncia Fnopi, in Italia molti si stanno avvicinando all’età pensionabile e si rischia di diminuire ulteriormente la forza lavoro. «Aumentare gli infermieri in attività – scrive l’Ocse – rimane una questione chiave per evitare nella maggior parte dei paesi le carenze attuali e future».

I DATI DEL RAPPORTO

Gli infermieri poi, sono molto più numerosi dei medici nella maggior parte dei paesi dell’Ue dove nel 2018, c’erano in media più di due infermieri per medico raggiungendo il rapporto infermiere-medico di circa quattro o più in Finlandia, Lussemburgo, Irlanda, Svizzera, Islanda e Norvegia e di uno a tre in Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi e Slovenia. Ma il rapporto era molto più basso nei paesi dell’Europa meridionale e in Lettonia.

In Italia questa proporzione, sempre secondo i nuovi dati Ocse, è invece scesa dall’1,5 dello scorso rapporto a 1,4 e il nostro Paese va meglio, nell’UE, solo di Portogallo, Cipro, Lettonia (dove comunque il rapporto è di 1:3) e Bulgaria e in assoluto in Europa anche di Macedonia (con lo stesso rapporto dell’Italia) e Turchia.

VERSO GLI INFERMIERI SPECIALIZZATI

Di fronte anche alla carenza dei medici, continua il rapporto, diversi Paesi hanno incominciato a implementare ruoli più avanzati per gli infermieri negli ospedali come nelle cure primarie. È successo in Finlandia, Regno Unito e Irlanda, che hanno anche dimostrato come infermieri specializzati aiutino a migliorare tempi di attesa e accesso ai servizi. Una svolta accolta con estrema soddisfazione dai paesi che l’hanno adottata.

«Nel nostro Paese – commenta Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi – finora abbiamo assistito a varie forme di integrazione del personale, dall’utilizzo dei neolaureati per attività che possano liberare infermieri più esperti alle task force mirate della Protezione civile alle quali hanno risposto decine di miglia di infermieri volontari, dalla messa in campo degli infermieri militari all’utilizzo dei liberi professionisti e così via. Ma non sono provvedimenti emergenziali a risolvere la situazione. La Federazione – conclude – è a disposizione delle altre istituzioni per creare in tempi rapidissimi un percorso che integri gli organici quanto più velocemente e correttamente possibile».

 

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