In 77 mila in tutta Italia hanno provato il test d’ingresso per i corsi di laurea in Professioni Sanitarie. Sanità Informazione è stata alla Sapienza di Roma per raccogliere le impressioni dei candidati
«L’ho trovato semplice, specialmente fisica e matematica» dice qualcuno. «Più fattibile rispetto al test di Medicina, li ho provati tutti per vedere se riesco a entrare in campo sanitario», aggiunge qualcun altro. I tanti ragazzi e ragazze escono ordinatamente dall’unico portale dell’Università La Sapienza di Roma, in un piazzale Aldo Moro presidiato da vigili e volontari. Hanno le mascherine che gli coprono il volto e i documenti tra le mani, dove nascondono anche le speranze di aver passato il test per le Professioni Sanitarie.
In molti hanno fatto la maturità quest’anno, dopo quasi un semestre di didattica a distanza. Sono abituati agli schermi e alle procedure di sicurezza. Vedendo in tv le immagini strazianti dei morti portati via dalla camionette militari non si sono fatti spaventare, hanno continuato a credere nel sogno di diventare infermieri, fisioterapisti, logopedisti o ostetrici. «Per aiutare ancora di più, ora che ce n’è così bisogno», aggiunge uno di loro, prima di dirigersi verso la madre che lo aspetta fuori dall’università.
Concordano tutti i ragazzi che si fermano ai microfoni di Sanità Informazione nel dire che, dei 60 quesiti, le domande di chimica e biologia sembravano più semplici di quelle delle simulazioni. Altri parlano di nozioni basilari per matematica e fisica. Qualcuno si lamenta per le scelte di logica, «ragionamenti che necessitavano di molto tempo». Cultura generale si conferma la più complessa: le domande spaziavano dai precedenti Presidenti della Repubblica, al Ministero degli Esteri fino al nome dello scrittore morto di coronavirus, Luìs Sepulveda.
Oggi in Italia sono stati in 77.205 a provare il test per le 22 Professioni Sanitarie. Quasi il 33% dei candidati ha scelto le facoltà di infermieristica e infermieristica pediatrica, rispettivamente 16 mila e 200 posti. Quello che Barbara Mangiacavalli, presidente di Fnopi, ha definito «l’effetto Covid». Per cui tanti ragazzi, vedendo l’impegno degli infermieri, hanno sentito l’esigenza di rendersi utili. Tanti anche i candidati per fisioterapia e logopedia, con meno disponibilità di posti.
«Il mio sogno è sempre stato quello di fare la logopedista – racconta una ragazza di 18 anni, appena diplomata – ma ci sono meno di 800 posti in tutta Italia, non sarà facile. È un peccato che il numero chiuso debba mettersi di traverso ai miei sogni, spero che un giorno lo aboliscano in favore di un metodo di selezione più giusto». Anche una mamma, che aspetta sua figlia, si unisce alla protesta contro il metodo di selezione dei candidati meritevoli: «Lei vorrebbe fare l’ostetrica, è così convinta che se non entra riproverà l’anno prossimo. Ma è giusto che una ragazza così motivata debba perdere un anno per un punto in meno o uno in più? Mi dispiacerebbe vederla rinunciare alle sue aspirazioni per il numero chiuso».
In Sapienza le procedure anti-Covid sembrano essere state d’effetto. «Eravamo distanziati e tutti hanno rispettato le regole per gli ingressi e le uscite», racconta una delle candidate. Gli ingressi scaglionati hanno provocato lunghe attese, lamenta però qualcuno. I gruppi entrati alle 8 di mattina hanno atteso quattro ore prima di cominciare la prova. «Io ero stanco e ho fatto fatica a concentrarmi – spiega uno dei ragazzi – ma capisco che erano necessità di sicurezza, spero migliorino nel tempo».
Ora non resta che attendere i risultati. Ma, dato che ogni ateneo gestiva i propri test, non c’è una data precisa per le graduatorie. Ogni università deciderà se gestirle per punteggio o per preferenza. Nel primo caso conterà numericamente lo studente migliore e poi a scendere, mentre nel secondo caso saranno le scelte ad essere più importanti rispetto ai punti accumulati. Se si rientra nella seconda preferenza la terza andrà automaticamente a decadere, mentre si potrà aspettare un eventuale scorrimento per la prima preferenza.
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