Lo studio, condotto dall’Università Sapienza, accende i riflettori sulle conseguenze psico-fisiche delle aggressioni, fisiche e verbali, agli operatori sanitari. Cappellano (Tesoriere OMCeO Roma): «Importanti i corsi per riconoscere aggressività latente»
Il 66% dei medici ha subito, almeno una volta nel corso della propria vita lavorativa, un’aggressione. Le donne sono più colpite rispetto agli uomini (71% contro 63,2%), i giovani più degli anziani. Sono i risultati della ricerca “Il fenomeno aggressioni al personale sanitario: uno studio osservazionale dei medici dell’Ordine di Roma”, argomento della tesi di laurea di Mattia Marte, condotta insieme al Professore dell’Università Sapienza di Roma Giuseppe La Torre. Lo studio, commissionato dall’Ordine dei Medici di Roma, ha coinvolto mille medici ed è stato presentato nei giorni scorsi nella sede dell’OMCeO alla presenza del Presidente Giuseppe Lavra e del Tesoriere dell’Ordine Ernesto Cappellano.
Nella maggior parte dei casi si tratta di aggressioni di natura verbale, ma sono state denunciate anche molestie, aggressioni fisiche e con rapina, che hanno come conseguenza forti depressioni, ansia e disturbi del sonno, con conseguenti assenze dal lavoro e necessità di cure e sostegno psicologico. «È vergognoso per il Sistema Paese che i medici, che già svolgono un lavoro molto difficile e oneroso, siano esposti ad aggressioni di questa natura e alle violenze che hanno patito le colleghe in alcune situazioni». Il Presidente dell’Ordine di Roma Giuseppe Lavra commenta così a Sanità Informazione i risultati della ricerca.
«Abbiamo iniziato questo studio ancor prima che i casi di aggressione agli operatori sanitari salissero agli onori della cronaca, anche prima del caso di Catania, che ha creato più scalpore». Si tratta di un attacco avvenuto lo scorso Capodanno ai danni di un medico del pronto soccorso dell’Ospedale Vittorio Emanuele che ha portato a sette arresti. «Dopo questi fatti – prosegue il Presidente Lavra – ho anche richiesto l’intervento del Ministro dell’Interno Marco Minniti, che mi sembra la personalità più adatta in questo momento per assicurare un po’ di ordine pubblico in questo Paese. Mi rendo conto che fosse un’iniziativa abbastanza irrituale, che poi è caduta nel dimenticatoio e nell’indifferenza generale. Ma spero che i risultati di questa ricerca, di particolare pregio e che danno la misura dell’entità dell’esposizione al rischio della nostra professione, non facciano la stessa fine».
«È tempo di capire – continua Lavra – che chi fa il medico già fa un lavoro molto difficile e molto oneroso; vive in una cappa di paura per le ragioni più svariate, a cui non possiamo aggiungere anche l’esposizione a violenze da parte dei più disadattati, dei più disagiati, di chi vive nelle zone più marginali di questa società. Quindi l’allarme è forte e speriamo che si raccolga il risultato di questo studio serio e corretto, fatto da gente competente e con grande buona volontà, e che poi si lavori affinché finalmente i medici italiani possano raggiungere quella serenità che è indispensabile per poter curare i propri concittadini», conclude.
Alla presentazione della ricerca ha partecipato anche il Tesoriere dell’Ordine dei Medici di Roma, Ernesto Cappellano: «Per prima cosa, insieme alla Commissione medicina e sicurezza del lavoro, abbiamo preparato un questionario che è stato sottoposto ai colleghi di tutto l’Ordine di Roma ed è venuto fuori un fenomeno preoccupante e sicuramente inquietante. Abbiamo scoperto, per esempio, che la violenza non c’è solamente dove possiamo aspettarcela: noi pensavamo di ricevere risposte che denunciavano aggressioni in pronto soccorso, in guardia medica, nei servizi di emergenza; in realtà abbiamo scoperto che è un fenomeno molto diffuso anche negli ambienti dove non immaginavamo che ci fosse. Tra l’altro – prosegue Cappellano – non si parla solamente di aggressioni dell’utenza, ma abbiamo avuto notizie anche di aggressioni in ambito lavorativo che sono molto frequenti e su cui l’Ordine è molto attento».
«È logico che l’Ordine debba intervenire nelle situazioni in cui i colleghi si trovano in difficoltà, e sono varie le iniziative che possono essere messe in atto in questo senso – spiega il Tesoriere -. Nel campo delle strutture pubbliche noi possiamo chiaramente interfacciarci con le organizzazioni, cosa che il nostro Presidente sta già facendo quotidianamente, per valutare le criticità e per dare indicazioni. Poi ci sono anche dei corsi, per esempio, per imparare a riconoscere e prevenire questi fenomeni di aggressione. In questo senso so di esperienze che hanno avuto esiti molto positivi anni fa al San Filippo Neri, dove sono stati fatti dei corsi ai medici del pronto soccorso per capire subito, in base al colloquio con il paziente, se ci si trovasse di fronte al rischio di aggressioni, riconoscendo anche dei sintomi psicologici che potessero mettere in evidenza un’aggressività latente», conclude Cappellano.