Da Napoli gli ultimi due episodi di follia ai danni di due medici di medicina generale. Tensione alle stelle in vista dei maxipensionamenti. La testimonianza
Renato de Blasio è un giovane medico di Medicina Generale che, dopo alcuni anni di esercizio professionale a Milano, per ragioni familiari chiede di essere trasferito a Napoli, la sua città natale. La sede che gli viene assegnata è a Fuorigrotta, popolare quartiere del capoluogo partenopeo, dove subentra ad un altro medico di famiglia recentemente andato in pensione. Ed è a questo punto che inizia la storia, incredibile, che ha visto il dottor de Blasio sfortunato protagonista e che proprio lui ha deciso di raccontare a Sanità Informazione.
Una testimonianza autentica e accorata del disagio paradossale che vivono oggi i camici bianchi nell’esercizio del proprio lavoro, e un episodio paradigmatico della volontà di rendere onore alla propria missione nonostante il clima di difficoltà, astio e sfiducia che attualmente la circonda.
«Tutto è iniziato in orario di studio, con una paziente che aveva appuntamento alle 11 del mattino ed è stata ricevuta persino con qualche minuto di anticipo, particolare che ha indisposto la signora. Si trattava semplicemente di un colloquio conoscitivo, dal momento che fino a qualche giorno prima la signora era paziente del medico pensionato cui sono subentrato, con il quale c’era già stato tutto il passaggio di consegne. La paziente veniva in realtà per delle richieste riguardanti suo marito. Verifico la fattibilità di quanto richiesto in base alla normativa specifica della Regione Campania, con l’ausilio della mia collaboratrice, e comunico alla paziente che sì, avrei potuto esaudire la sua richiesta. Anche qui, la paziente non è soddisfatta e inizia ad accampare pretesti inesistenti per lamentarsi, come l’aver trovato il telefono occupato nei giorni precedenti e aver dovuto spostare un appuntamento. A quel punto le faccio notare, con garbo, che il medico di libera scelta si chiama così non a caso e che, se non fosse stata soddisfatta, avrebbe potuto rivolgersi ad un altro medico. Minaccia di chiamare i Carabinieri, rimango impassibile e la signora va via».
«Dopo poco fa ritorno, non con i Carabinieri ma con suo marito. Non appena le chiedo come mai fosse ancora lì, intendendo se avesse bisogno di qualcos’altro, i due mi aggrediscono prima verbalmente asserendo che io avrei negato loro una richiesta (quando invece l’avevo concessa, premurandomi però di effettuare tutti i controlli del caso), dopodiché il marito mi colpisce con un pugno in pieno volto in sala d’attesa davanti a 30 pazienti e continua a picchiarmi finché i presenti non riescono letteralmente a togliermelo di dosso. Termino l’orario di studio e mi reco in Pronto Soccorso per farmi refertare a seguito di forti dolori al collo e alla mascella dovuti all’aggressione».
«Una brutta storia che non è finita lì: il tizio me lo sono ritrovato davanti anche al Pronto Soccorso, dove mi auguro fosse andato per farsi refertare anche lui e non con l’intento di seguirmi. Fatto sta che mentre ero sul lettino viene verso di me e mi dice “la faccia non te l’ho spaccata prima ma te la spacco adesso”. Fortunatamente è stato fermato dal personale prima che potesse avvicinarsi troppo, ma non nego che in quel frangente ho avuto davvero paura».
«Ho pensato e ripensato a quello che mi è successo, e non riesco a farmene una ragione. O meglio, ho capito che questi due pazienti avevano intenzioni bellicose a prescindere, fin dall’inizio, indipendentemente da ciò che ho fatto o che non ho fatto. Non ho assolutamente niente da rimproverarmi, non ho negato loro nulla e nonostante l’astio iniziale della paziente ho continuato a pormi in maniera corretta. Questo è il trattamento che viene riservato ai medici che tornano nella loro Regione per fare del bene? Ho quarant’anni, a Milano ero uno dei Mmg più anziani, qui a Napoli sono tra i più giovani, e il medico giovane viene spesso, per una stortura culturale, sottovalutato, trattato dall’alto in basso nel migliore dei casi. Mi chiedo cosa succederà tra pochi anni, quando a tutti i colleghi in pensione subentreranno le nuove leve, giovani trentenni, tante donne. Come faranno fronte a questo clima? Noi medici di famiglia siamo il front office della sanità, è vero. Ma questo si traduce purtroppo nell’essere l’ultima ruota del carro. Da noi passa l’intero controllo della spesa sanitaria e le richieste dell’utenza, siamo medici costretti al tempo stesso ad essere anche burocrati. Su di noi si riversano tutte le frustrazioni e i malumori dovuti alle storture del sistema sanitario. Come facciamo a seguire tutti i nostri pazienti nel modo in cui vorremmo? È così che alimenta il corto circuito nel rapporto tra medico e paziente».
Alla vicenda del dottor de Blasio si somma nei giorni scorsi la brutale aggressione subita dal dottor Antonio Manzo, medico di Continuità Assistenziale nel comune di Melito (Napoli), per essersi giustamente rifiutato di assecondare una richiesta impropria di certificazione telematica di malattia. «Siamo allibiti dalla sempre maggior frequenza con cui assistiamo a questi episodi – afferma ai nostri microfoni in proposito Luigi Sparano, segretario provinciale FIMMG. – È assolutamente necessario che, soprattutto nei distretti più a rischio o isolati, si mettano i colleghi in condizione di lavorare in sicurezza, il che significa innanzitutto non lavorare da soli».
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