Inizia il nostro viaggio nelle aziende sanitarie. Il direttore sanitario Narciso Mostarda: «Avviati progetti pilota sperimentali per stroncare i turni massacranti». Personale in sofferenza, in tanti fanno ricorso per le violazioni pregresse: «Colpa del meccanismo, bisogna fare un passo avanti»
Blocco del turn over e orari di lavoro massacranti? Niente paura. La Sanità del Lazio raccoglie la sfida e, in attesa, di soluzioni concrete “dall’alto”, si rimbocca le maniche. Per fare cosa, ce lo ha raccontato il direttore sanitario della Asl Roma 6 di Albano Laziale, il dottor Narciso Mostarda. Di recente le ASL del Lazio riordinate per un’efficienza che tenti di affrontare al meglio le problematiche della Sanità.
«La riorganizzazione è un punto di forza soprattutto in un momento difficile come questo, dopo 8 anni di blocco del turnover e dei concorsi. Questo ha generato un vulnus rispetto al numero di professionisti utili per costruire nuovi progetti di salute ed una compressione dell’attività lavorativa. Questi fattori stanno inducendo le aziende sanitarie locali di questa regione, e immagino di tutte quelle in piano di rientro, a costruire strategie non convenzionali di tipo assistenziale».
Di che tipo?
«Abbiamo cominciato a ragionare con i professionisti, sia a quelli del comparto che a quelli della dirigenza, perché c’è la necessità di mettere insieme le aree omogenee, non più per specialità singola, ma per branche di specialità che afferiscono alla stessa area. Stiamo cercando di mettere insieme tutta l’area chirurgica negli ospedali, così come tutta l’area medica, lasciando a sé l’area critica che è quella dell’emergenza, del pronto soccorso. Questa riorganizzazione ovviamente cerca di ottimizzare le risorse, di generare dei percorsi assistenziali diversi. Lo stiamo sperimentando negli ospedali di Velletri ed Anzio: sono dei progetti pilota. Stiamo pensando sostanzialmente a un week hospital e ad un long hospital, cioè una week surgery e una long surgery. Questo ci consente di provare a comprimere la necessità di alcuni setting assistenziali per alcuni giorni della settimana, garantendo sull’emergenza invece un setting dilatato 24 ore per tutti i giorni della settimana. Ovviamente cambiare è difficile ed è anche faticoso».
Lei ha accennato alla necessità di uno sblocco del turnover. Anche le istituzioni hanno più volte confermato che questa è la soluzione. Ma ora ci si ritrova a fare i salti mortali per affrontare i nuovi orari di lavoro dettati dall’entrata in vigore della legge 161/2014 in applicazione della direttiva Ue 2003/88.
«Sull’orario di lavoro stiamo garantendo una cosa essenziale: il periodo di riposo di astensione dal lavoro a tutti per un tempo di 11 ore consecutive. Questo è un paletto. Intorno a questa necessità inderogabile stiamo però ricostruendo anche la turnistica. È ovvio che una volta si poteva e capitava spesso di sforare i turni ordinari. Questo avveniva per malattie o assenze improvvise: chi era in servizio non poteva lasciarlo perché il cambio di turno avveniva a vista. Oggi cosa accade? Teoricamente non è cambiato nulla. Noi non possiamo sguarnire le unità operative. Però l’organizzazione ha messo al centro questo tempo di riposo e di astensione dal lavoro che è fondamentale. Per cui stiamo ricorrendo anche ad alcune figure che sono dei jolly reperibili laddove ci fossero queste assenze improvvise. Piuttosto che pesare su dipendenti che hanno già fatto il loro turno, potrebbero garantire il riposo naturale a chi ha già lavorato. Sono delle misure che stiamo provando ad adottare. Siamo comunque molto fiduciosi che ci possa essere una riapertura per provare a recuperare delle risorse nuove».
Effettivamente si sta ancora cercando delle soluzioni attraverso le assunzioni. Nel frattempo numerosi medici stanno avviando ricorsi in virtù di un diritto sancito anche dall’Unione europea.
«Sì, questa è una situazione molto delicata e direi anche paradossale per certi versi. Professionisti che hanno sempre svolto e che continuano a svolgere con grande dedizione e abnegazione un lavoro impegnativo e faticoso. Ora sono costretti ad attivare dei percorsi anomali rispetto al riconoscimento di un diritto fondamentale alla tutela della propria salute da lavoratore per giunta impegnato al servizio della salute di altri. Questo meccanismo purtroppo mi sembra un po’ paradossale e sarebbe molto più interessante se riuscissimo a fare uno scatto in avanti, provando a dosare meglio, a restituire un po’ di linfa ai servizi perché penso che siamo arrivati al punto critico. Questo vale a cominciare dai servizi di emergenza. Molti pronto soccorso degli ospedali di questa regione vanno in crisi durante la stagione influenzale».