«Una valutazione clinica completa ed efficace deve prevedere una dettagliata valutazione multidisciplinare, che comprenda tutti i professionisti sanitari dell’area della riabilitazione ognuno per le proprie competenze specifiche, compreso l’ortottista»
«Oltre l’80% delle informazioni giungono dall’ambiente al nostro cervello attraverso la vista. Di conseguenza, in un modo o nell’altro, quasi tutte le malattie riguardanti il Sistema Nervoso Centrale influenzano la visione. In Italia, secondo le stime dell’Istat sarebbero 362mila le persone prive della vista, circa un milione e mezzo gli ipovedenti. A livello epidemiologico, il Deficit Visivo di Origine Centrale è considerato la principale causa di disabilità visiva infantile nei paesi industrializzati». È questa la fotografia scattata da Marco Montes, ortottista, presidente della Commissione d’albo degli ortottisti di Roma e provincia e consigliere della Commissione d’albo nazionale, per evidenziare l’elevata richiesta di riabilitazione visiva.
Quanti siano i pazienti che necessitano di un percorso riabilitativo visivo è difficile stimarlo: «Paradossalmente – continua Montes – il reale fabbisogno della figura dell’ortottista viene evidenziato dai diffusi fenomeni di abusivismo. Anche le associazioni di pazienti spesso denunciano di essere costretti a ricorrere a consulenze “private” per la valutazione e la riabilitazione visiva, fuori dai piani di valutazione e trattamento già in corso. Da questi racconti emerge come le persone con disturbi visivi da trattare siano la più grande comunità con minoranza sensoriale del nostro paese che rischia di rimanere inascoltata e che deve continuare ad accontentarsi di personale non formato e non competente», dice l’ortottista.
«Il primo passo per la stesura di un piano di trattamento abilitativo-riabilitativo efficace è la valutazione clinica completa – spiega il professionista sanitario -. Proprio per questo è indispensabile che vi sia una dettagliata valutazione multidisciplinare, che comprenda tutti i professionisti sanitari dell’area della riabilitazione, ognuno per le proprie competenze specifiche, compreso l’ortottista. Eppure, l’ortottista è una figura quasi del tutto assente nei centri di riabilitazione accreditati extra-ospedalieri. Solo per fare un esempio, l’ASP S. Alessio – la più grande struttura del Centro e Sud Italia, centro regionale di riferimento per i Servizi alla Persona disabile visiva – ogni anno offre servizi a circa 1.500 disabili visivi. Nel 2020 ha erogato circa 560 progetti riabilitativi multidisciplinari per pazienti ipovedenti e ciechi. Il Centro comprensivo di sedi distaccate, è accreditato per svolgere 80 trattamenti giornalieri, quindi 400 accessi settimanali, nel rispetto del budget annuale stabilito dalla Regione. Attualmente nelle sole liste di attesa ambulatoriali di questo centro ci sarebbero per l’età evolutiva (0-18 anni) circa 60 bambini, per quella adulta (>18 anni) circa 100 persone».
«Gli ortottisti sono professionisti formati con la consapevolezza di dover privilegiare in età infantile la valutazione delle competenze con cui bambini e famiglie possono far fronte alle loro sfide, più che alle loro difficoltà. In età adulta, l’intervento riabilitativo mira a rendere fruibile il residuo visivo e con l’obiettivo di far recuperare al soggetto il miglior livello di autonomia personale possibile, migliorando qualità della vita, indipendenza e mobilità. Basta guardare ai numeri degli operatori delle altre professioni dell’area della riabilitazione in Italia e confrontarli con il numero totale di ortottisti, per affermare che serve ancora tanta informazione per accrescere la coscienza sanitaria nella popolazione e nei decisori ad ogni livello».
E allora, se nei centri di riabilitazione accreditati manca la figura dell’ortottista, chi si occupa della valutazione e del trattamento riabilitativo visivo? «L’assenza dell’ortottista nell’equipe riabilitativa, purtroppo – conclude Montes – espone al rischio di utilizzo improprio di altre figure professionali per colmare il vuoto».
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