L’ostetrica negligente che provoca la morte del feto risponde di omicidio colposo e non di aborto colposo. Lo ha stabilito la Cassazione che ha confermato la condanna a un anno e nove mesi di reclusione (con pena sospesa) nei confronti di un’ostetrica rea di non aver adeguatamente monitorato il battito cardiaco di un feto mentre la madre era in travaglio e le era stata somministrata l’ossitocina per aumentare le contrazioni.
Secondo la Suprema Corte nel contesto attuale «di totale ampliamento della tutela dei diritti della persona e della nozione di soggetto meritevole di tutela, che dal nascituro e al concepito si è poi estesa fino all’embrione», il feto, «benché ancora nell’utero», deve essere considerato un «uomo» durante il travaglio della gestante, nel momento cioè della «transizione dalla vita uterina a quella extrauterina». Ma come è stata presa questa sentenza dalla categoria? Lo abbiamo chiesto a Maria Vicario, Presidente FNOPO (Federazione Nazionale degli Ordini della Professione di Ostetrica).
«Le posso dire che da una prima lettura della sentenza, – commenta la presidente FNOPO a margine della presentazione del nuovo Codice deontologico della Professioni Infermieristiche – che risale ad un evento del 2008 e ad una sentenza di primo grado del 2015, emergono delle situazioni che vanno sicuramente analizzate nel particolare. Da una prima lettura, dicevo, posso ricavare degli elementi di riflessione che mi portano a dire che le ostetriche dovrebbero in primis imparare a farsi difendere dalle stesse ostetriche e non da altri operatori che non sono appartenenti al loro profilo professionale».
Nello specifico, «l’ostetrica che si interessa di tutela della collega eventualmente coinvolta in un contenzioso conosce i limiti, conosce i provvedimenti che regolano la professione ma, soprattutto, conosce quelli che sono i rapporti di interdisciplinarietà con altri soggetti che interagiscono all’interno del team della sala parto, e non solo. Tutto questo è qualche cosa che prescinde dalla sala parto ma può interessare tutto il percorso nascita, quindi sia a livello consultoriale che a livello di unità operative di ostetricia e ginecologia».