I dati di uno studio condotto dall’Imperial College di Londra dimostrano che la formazione a distanza è più efficace e veloce di quella tradizionale
E’ un dato allarmante – e in crescita – quello registrato dall’OMS in un recente rapporto sul deficit di personale sanitario nel mondo: più di 7,2 milioni di unità mancherebbero all’appello. Una cifra – se non si corre ai ripari – destinata ad aumentare.
Alle possibili soluzioni hanno pensato i ricercatori dell’Imperial College di Londra, ed ecco le conclusioni cui sono giunti: secondo gli esperti inglesi, la chiave giusta per formare in tempi record nuovo personale sanitario la forniscono le nuove tecnologie attraverso l’e-learning, vale a dire l’apprendimento a distanza, realizzato con l’ausilio di mezzi e strumenti elettronici. E’ il sistema della FAD, adottato con successo anche nel nostro Paese per garantire, in modo pratico e innovativo, l’adempimento dell’Educazione Continua in Medicina. Ma non è tutto.
Il documento stilato dall’Imperial College, infatti, illumina non solo sulla possibilità, per medici e infermieri, di ricevere un’adeguata formazione anche a centinaia di chilometri di distanza dalle aule universitarie, ma sul fatto che questo metodo di apprendimento risulti addirittura più efficace di quello tradizionale. Una conclusione a cui i ricercatori britannici sono giunti analizzando la letteratura scientifica sul tema ‘efficacia dell’e-learning nell’istruzione di base del personale sanitario’, considerando sia gli studi che valutavano l’apprendimento a distanza online, cioè quello richiedente una connessione internet, sia quello offline, con materiali caricati su CD o penne USB.
Il suggerimento degli autori, a fini formativi, è di integrare i due sistemi – tradizionale ed elettronico – a seconda delle esigenze e con cognizione di causa. “I programmi di e-learning – commenta Josip Car, uno degli autori dello studio – hanno la potenzialità di risolvere il problema cronico della carenza di personale sanitario, facilitando l’accesso all’istruzione universitaria, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove il fabbisogno di professionisti della salute è maggiore. Per questo – conclude – sarebbe importante investire di più nelle tecnologie di informazione e comunicazione, anche nelle università”.