Per Sarah Ungaro, avvocato e vicepresidente ANORC professioni, le linee guida per la telemedicina e assistenza domiciliare sono confuse e prive di riferimenti precisi su responsabilità, protezione dei dati e formazione del personale. «Se non in linea con l’Europa si rischia uno spreco di fondi»
Il modello della nuova sanità digitale, secondo quanto previsto nel PNRR (missione 6 relativa a reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale), avrebbe delle lacune in tema di sicurezza e competenze. A segnalare le criticità di un documento – che è ancora in bozza in attesa di passare al vaglio della Conferenza Stato-Regioni – è Sarah Ungaro, avvocato del foro di Lecce e vicepresidente di ANORC professioni (associazione nazionale operatori e responsabili della custodia di contenuti digitali) che ha sollevato una serie di obiezioni a quelle che dovrebbero essere le linee guida per la telemedicina e l’assistenza domiciliare.
In particolare, la vicepresidente di ANORC professioni evidenzia come la bozza delle nuove linee guida che si inserisce nel solco delle indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni di telemedicina già deliberate nel dicembre 2020 dalla Conferenza Stato-Regioni e provincie autonome di Trento e Bolzano, in realtà risulti essere poco chiara in merito alla definizione dei ruoli, delle responsabilità, delle caratteristiche infrastrutturali e dei requisiti di sicurezza, elementi essenziali per un corretto utilizzo della telemedicina e dell’assistenza domiciliare. Ad allarmare l’avvocato sarebbe la gestione della Centrale Operativa Territoriale (COT) che avrebbe il compito di organizzare e coordinare i servizi e i professionisti coinvolti. «La bozza del decreto ministeriale dovrebbe rappresentare un modello in ambito digitale di telemedicina, risulta invece essere molto confuso – analizza l’esperta digitale – privo di chiarezza su chi sia il soggetto tenuto ad istituire e gestire la centrale operativa, a quale livello territoriale e con quali responsabilità».
Nella bozza poi è prevista la presenza di un’altra Centrale Operativa dedicata all’assistenza domiciliare integrata (ADI), nonché di un Centro Erogatore e di un Centro Servizi che dovrebbero avere una funzione tecnico operativa e svolgere attività 24 ore su 24 con operatori qualificati e formati per funzioni di help desk, di manutenzione e di assistenza tecnica. «Anche su questo punto ci sono delle riserve – prosegue nella disamina l’avvocato – perché non si fa cenno alla responsabilità di governance e gestione, fatta eccezione per eventuale malfunzionamento dell’attrezzatura che dovrebbe spettare al Centro Servizi per la telemedicina. Non si capisce poi quale sia il soggetto istituzionale che dovrebbe farsi carico dell’organizzazione e della predisposizione a livello territoriale dei centri e quali le figure professionali di riferimento. Se l’obiettivo doveva essere quello di descrivere un modello a mio avviso il risultato è mancato, non c’è chiarezza di ruoli, governance e responsabilità».
In un quadro già confuso, si inserisce poi il tema della protezione e della sicurezza dei dati che secondo l’avvocato Ungaro non è stato affrontato con sufficiente chiarezza in riferimento alla piattaforma tecnologica deputata all’erogazione dei servizi. «Con grande stupore ho trovato del tutto assente un riferimento specifico a quello che è l’impatto sulla protezione e sulla sicurezza dei dati personali trattati. Manca anche una mera definizione dei ruoli dal punto di vista della privacy: chi è il titolare del trattamento, chi sono i soggetti che intervengono e come devono essere nominati, istruiti e autorizzati».
Di Centro Servizi e Piattaforma Tecnologica in ambito di telemedicina poco si dice anche nei bandi Consip. «Di questo modello digitale non c’è traccia – sottolinea – e quindi risultano carenti dal punto di vista della protezione e della sicurezza dei dati e della privacy. Questo fa sì che sia poi demandato ai singoli soggetti appaltanti e alle singole Asl, la gestione dei dati, mentre invece dovrebbero esserci delle linee guida per tutti i soggetti che intendono attuare la nuova modalità di erogare prestazioni sanitarie digitali».
Per “aggiustare” il tiro la vicepresidente di ANORC suggerisce alcuni correttivi: «La riforma sanitaria digitale non può prescindere da un confronto con quelli che sono i modelli oggi al vaglio in Europa – analizza – e per questo è necessario stabilire i requisiti di interoperabilità dei dati e delle piattaforme, i requisiti di sicurezza tecnica dei software e delle infrastrutture, nonché l’adeguata formazione degli operatori sanitari sia per l’utilizzo degli strumenti, ma anche per la gestione e la protezione dei dati. Se non si farà questo passaggio si rischia lo spreco dei fondi».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato