Lavoro e Professioni 7 Gennaio 2020 17:14

«Mettete la polizia negli ospedali, le aggressioni sono quotidiane». Il grido d’allarme dei medici di Napoli

Dopo il picco di aggressioni contro operatori e ambulanze nei primi giorni dell’anno, le testimonianze raccolte all’Ospedale Santobono raccontano un clima di tensione e preoccupazione. E il Governo si mobilita

Petardi contro ambulanze, minacce, intimidazioni, sequestri di mezzi, aggressioni. Incolumità fisica e psicologica continuamente messa alla prova. Gli ultimi episodi di cronaca hanno acceso ancora una volta i riflettori sulla violenza negli ospedali italiani, portando la politica ad annunciare telecamere sulle ambulanze e l’accelerazione dell’approvazione del Ddl Aggressioni. Intanto, però, gli operatori sanitari sono arrivati al limite ed il “qui e ora” degli ospedali italiani è troppo spesso una storia di ansia, di sindrome da burnout, di arti fratturati, di insulti. Di poche denunce perché i tempi della giustizia sono biblici e la sensazione è che eventuali ritorsioni arriverebbero ben prima di un’eventuale condanna.

Sanità Informazione ha raccolto le testimonianze del personale dell’A.O.R.N. “Santobono” di Napoli, il cui Pronto Soccorso pediatrico è stato spesso teatro di aggressioni ai danni degli operatori sanitari.

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«Il nostro Pronto Soccorso assiste una grande quantità di persone, ma siamo rimasti in pochi a farlo, e la sensazione è che saremo sempre di meno. D’altra parte, con questo clima di paura, ci vuole un gran coraggio a svolgere il nostro mestiere. Di questo passo l’utenza rischierà di trovarsi un Pronto Soccorso ridotto a una stanza vuota». È ovviamente un’iperbole quella del dottor Gianluca Della Rotonda, medico di Pronto Soccorso al Santobono, ma è anche un sintomo, e insieme una richiesta di SOS. Parole che restituiscono una fotografia realistica sull’aria che tira all’interno dell’importante nosocomio pediatrico del capoluogo campano, dello scoramento e della sensazione di essere lasciati soli, in trincea, ogni giorno, con le uniche armi della vocazione, della preparazione, e del coraggio. «Si lavora in un clima di tensione costante – continua Della Rotonda –  così come costante è la sensazione di ingiustizia: siamo qui per dispensare salute, ed è come se i nostri sforzi e il nostro impegno ci si ritorcessero contro. L’aggressione subita pochi giorni fa da un mio amico e collega infermiere è stata derubricata a reato minore, per cui la sensazione è che neanche la giustizia dei Tribunali sia dalla nostra parte. Le guardie giurate ci sono, ma a noi serve un drappello di polizia che assicuri la sua presenza costante. Sarebbe l’unico deterrente efficace, oltre naturalmente alla certezza della pena».

«Siamo un team a larga prevalenza femminile, ma nonostante questo subiamo episodi di violenza, anche solo verbale, praticamente tutti i giorni». Così l’infermiera di triage del Pronto Soccorso, Stefania Guadagno, ci racconta la sua esperienza. «Sono soprattutto i genitori dei bambini a compiere questi gesti. L’ultima volta che sono stata aggredita è stata qualche sera fa: non avevo ancora preso servizio al triage quando un papà mi ha aggredita solo perché lo esortavo a moderare i toni per non spaventare gli altri bambini. Noi operatori non ce la facciamo più, siamo allo stremo, disperati. La nostra è una missione, ma ultimamente non ci sentiamo tutelati nello svolgerla. Sicuramente – conclude l’operatrice – la presenza della polizia ci farebbe sentire più al sicuro. Ben vengano le telecamere di sorveglianza anche sulle ambulanze».

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«È difficile fare affidamento alla giustizia, se è vero che il giudice che ha esaminato il caso dell’infermiere a cui è stato fratturato un dito ha sentenziato che l’aggressore agiva in uno stato psicologico alterato dalle condizioni di salute del figlio ricoverato. Come potremmo mai sentirci tutelati? Allo stato attuale non possiamo che soccombere». È questa l’opinione della dottoressa M.E. Vitullo, dirigente medico in Anestesia e Rianimazione del Santobono. «Misure come drappelli di polizia e telecamere nelle ambulanze sono ormai diventate una necessità, nella speranza che si rivelino un efficace deterrente».

«Siamo in un momento oggettivamente critico. Non solo a Napoli ma in tutta Italia i fenomeni di violenza ai danni di medici e operatori sono all’ordine del giorno, soprattutto nei Pronto Soccorso, sulle ambulanze e nei confronti di tutta la rete della continuità assistenziale». A parlare è il primario del Pronto Soccorso del Santobono, il dottor Vincenzo Tipo, che sottolinea l’importanza del dato sociale e culturale per comprendere le cause di questi fenomeni. «Solo nel 2019 abbiamo subito una decina di aggressioni, che ormai neanche denunciamo più. L’ultima è stata una frattura del dito di un nostro infermiere. Violenza gratuita ed immotivata, dettata spesso da un voler saltare la fila nella convinzione che il proprio “codice” assegnato al triage abbia la priorità su tutti gli altri. Si capisce come determinati atteggiamenti nascano in seno a situazioni di profondo degrado sociale e di rifiuto delle regole di convivenza civile». Secondo il primario, la svolta arriverebbe solo con un deciso cambio di passo a livello istituzionale e legislativo. «Attribuire al personale sanitario nell’esercizio delle sue funzioni la qualifica di pubblico ufficiale rappresenterebbe una possibile soluzione. Oggi l’aggredito ha l’onere della denuncia, che spesso comprensibilmente non viene fatta per timore di ritorsioni. Ma questo non basta: occorrerebbe – conclude il primario – un presidio di polizia all’interno dei PS o, se questo non fosse possibile, di un sistema di videosorveglianza diretta con le Forze dell’Ordine, così da intervenire immediatamente e poter procedere col riconoscimento facciale degli aggressori».

«Gli ultimi episodi sono di una gravità assoluta, tali da determinare uno stato d’ansia e stress per chi ogni giorno lavora all’interno degli ospedali e sulle ambulanze». Interviene sulla questione anche il presidente della Croce Rossa Italiana di Napoli, dottor Paolo Monorchio, specialista in Ortopedia al Santobono, con particolare riferimento all’ultimo episodio che ha visto coinvolta proprio un’ambulanza. «Il sequestro del veicolo su cui c’era anche un medico della Croce Rossa, e dell’esplosione di un petardo che ha colpito e danneggiato l’ambulanza stessa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, risvegliando una gran voglia di ribellarsi a questi fenomeni. In questo contesto – continua Monorchio – l’iniziativa del dg della Asl Napoli 1 Ciro Verdoliva, confermata ieri dal Ministro dell’Interno, che prevede l’inserimento  delle telecamere di sorveglianza all’interno delle ambulanze e le bodycam per gli operatori è senz’altro utile. A monte di ciò, va comunicata alle persone l’importanza del nostro lavoro a beneficio dell’intera comunità. Ed è questo forse il lavoro più difficile da fare. Intanto – conclude – è doveroso rafforzare il personale addetto alla sicurezza all’interno delle strutture, per dare a tutti gli operatori quel minimo di serenità che ad oggi, purtroppo, manca».

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